Dopo aver incassato il sostegno del presidente egiziano al Sisi e la promessa di ingenti aiuti economici (3 miliardi di dollari) da parte di Arabia saudita ed Emirati arabi uniti, il Consiglio di transizione militare che ha preso il potere in Sudan riceve oggi l’abbraccio di un altro alleato regionale (stessi sponsor, stessi amici), che pure avrebbe altre cose a cui pensare in questo momento.

Il generale Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico (Lna), volerà oggi a Khartoum, secondo quanto riporta il quotidiano sudanese al Youm al Tali, per incontrare i membri della giunta. Ieri nella riunione dei capi di stato africani che si è tenuta al Cairo proprio con al centro la crisi in Sudan, al Sisi (presidente di turno dell’Unione africana) è riuscito a strappare una franchigia per i generali sudanesi, che avrebbero così tre mesi (non più due anni) per trasferire il potere a un governo civile.

Resta bloccata invece la situazione sul piano interno. La coalizione «Libertà e cambiamento», sintesi dei tanti soggetti politici e sociali che con la mobilitazione degli ultimi quattro mesi hanno portato alla fine della trentennale presidenza di al Bashir, si è ritirata dal negoziato intavolato con i militari una volta capito che non c’è da parte loro la minima intenzione di fare un passo indietro e di restituire la rivoluzione a chi ha occupato le strade sfidando la repressione.

Tutti i leader della protesta sono giunti alla conclusione che i generali, malgrado gli arresti eccellenti nel “cerchio magico” di al Bashir e l’assicurazione che «il potere sarà trasferito ai civili il prima possibile» vogliono solo riproporre il vecchio sistema di potere, con una giunta militare di stampo islamista al comando.

Prosegue quindi il sit-in permanente che va avanti dal 6 aprile di fronte alla sede dell’esercito, nonostante la reiterata ingiunzione da parte delle forze di sicurezza di «liberare le strade».