I quarti di finale, il momento della verità. Quattro squadre dell’emisfero Nord e quattro dell’emisfero Sud, una contro l’altra. Il primo round giocato ieri segna due punti a zero per il mondo di sotto.

Galles-Sudafrica è stato il match più furente tra tutti gli incontri finora disputati in questa ottava edizione della coppa del mondo di rugby. Il più duro e impegnativo per le squadre in campo. I sudafricani avevano cominciato malissimo la loro coppa del mondo con la sorprendente sconfitta contro il Giappone ma si erano poi ripresi vincendo con agio tutti gli incontri successivi (Usa, Scozia e Samoa) segnando ben 19 mete. Il Galles aveva compiuto il suo capolavoro eliminando l’Inghilterra, sconfitta a Twickenham, nella sua “fortezza”, ma era stato falcidiato dagli infortuni: uno dopo l’altro aveva perso alcuni dei suoi migliori giocatori.

Sono stati ottanta minuti giocati sul più precario degli equilibri, non più di uno o due punti di vantaggio, un’inezia, che rimbalzavano di qua e di là.

Dalla lunga battaglia è emerso il Sudafrica (23-19), che a cinque minuti dalla fine è riuscito a mettere a segno la meta decisiva.

Pur giocando più palloni, gli springboks avevano chiuso il primo tempo sotto di un punto (12-13). Il Galles, sfavorito nei pronostici, era riuscito ad alzare una diga invalicabile, mettendo in mostra un’intelligenza collettiva che poche squadre al mondo oggi possiedono. Di più, i dragoni erano riusciti a segnare una meta, con un’invenzione di Dan Biggar che metteva il suo scudiero e compagno di mediana Gareth Davies nelle condizioni di schiacciare oltre la linea.

Il secondo tempo ha visto gli springboks installarsi nella metà campo avversaria, scatenando una interminabile serie di attacchi furiosi. Il canovaccio era un classico del rugby sudafricano: calcioni a spiovere tra le linee gallesi e carica dei bisonti – le terze linee Vermeulen, Louw e Burger – a caccia del malcapitato ricevitore. Erano scontri durissimi, eppure la diga gallese reggeva. Sam Warburton continuava a rubare d’astuzia palloni nelle ruck e consentiva ai suo compagni di rifiatare: il pallone era rispedito nella metà campo dei bokke e di lì ogni volta ripartiva un’altra folata offensiva delle maglie verdi, con l’ennesimo calcione a piovere e l’ennesima carica.

Nei calci piazzati, Biggar era più preciso di Handre Pollard, che ne sbagliava ben due consecutivi, complicando oltremodo la situazione in casa sudafricana. La situazione restava bloccata sul vantaggio gallese (19-18). Cambiavano le prime linee dei pacchetti di mischia e ne guadagnava il Sudafrica.

Tra mischie, impatti, crampi da fatica, placcaggi, si andava avanti così, con gli springboks che rosicchiavano centimetri e i gallesi che difendevano disperatamente. Quello sudafricano era un lavoro di demolizione: metodico, paziente, feroce. Usciva anche la mediana dei dragoni, prima Davies, ormai privo di forze, poi Biggar, toccato duro. A cinque minuti dal fischio finale una mischia nell’area dei 22 metri gallesi segnava le sorti del match: Vermeulen raccoglieva l’ovale, resisteva al placcaggio di Cuthbert e inventava un passaggio da dietro la schiena a Fourie du Preez che andava a schiacciare in meta. 23-19, quattro punti di vantaggio e gallesi che avevano ormai esaurito ogni residua energia per tentare di portarsi in avanti.

Il secondo quarto di finale, Francia-Nuova Zelanda, si è giocato in serata al Millennium di Cardiff. Era stata la finale mondiale di quattro anni fa, quella della grande paura, quando gli All Blacks vinsero di strettissima misura (8-7). Per i campioni in carica la squadra francese è sempre stata la bestia nera dei mondiali di rugby.

Nel 1999 i coqs rovesciarono un risultato che i neozelandesi ritenevano acquisito e conquistarono la finale; e nel 2007, in un torneo che riservò loro soltanto delusioni, proprio a Cardiff i francesi si tolsero la soddisfazione di eliminare l’avversario nei quarti. Qualche timore serpeggiava tra i tifosi kiwi, memori di quei trabocchetti, non tra i loro giocatori, che pure fin qui non avevano entusiasmato.

Bene, la Francia è stata letteralmente cancellata dal campo di gioco. Nove mete a una: 62-13, adieu les bleus. Per la cronaca le mete sono state realizzate da Savea (3), Kerr-Barlow (2), Read, Retallick, Kaino, Milner-Skudder, e da Picamoles per i francesi. Il XV de France è letteralmente crollato e ha concluso con una disfatta un grigio quadriennio durante il quale non  è mai riuscito a essere una squadra capace di esprimere un impianto di gioco convincente.

Dall’altra parte si è vista una Nuova Zelanda brillante e veloce, decisa a prendere in mano la partita fin dal primo minuto di gioco. Gioco alla mano, cambi di passo, presenza e sostegno. Ma soprattutto un ritmo indiavolato e martellante che in nessun modo i francesi potevano sostenere. E due trequarti ala, Julian Savea, di origini samoane, e il maori Nehe Milner-Skudder, assolutamente imprendibili. Potente e veloce il primo, che in occasione della sua seconda meta ha abbattuto tre placcatori di fila. come il miglior Jonah Lomu dei bei tempi; elettrico e imprevedibile il secondo, capace di repentini cambi di direzione.

La prima semifinale, in programma sabato prossimo al Twickenham è dunque decisa: sarà Nuova Zelanda-Sudafrica, la più classica delle sfide, la finale del 1995, quella di François Pienaar e di Nelson Mandela.

Domenica 18 ottobre si giocano gli altri due quarti. Al Millenium va in scena Argentina-Irlanda (SkySport, h. 14.00), con gli irlandesi favoriti ma privi del loro capitano Paul O’Connell (mondiale finito), oltre che di Peter O’Mahony e dello squalificato Sean O’Brien.

Alle 17.00 toccherà a Australia-Scozia: nessuna chance per gli scozzesi conto la squadra più in forma del torneo.