Adesso vi leggo ad alta voce la filastrocca del mio amico Bruno Tognolini che è un bravissimo filastrocchiere.
«Cosa vuol dire filastrocchiere?»

Che scrive delle poesie, delle filastrocche.
«Allora non è un poeta?».

Sì. E’ un poeta. Ma visto che le sue poesie sono spesso per bambini e sono spesso delle particolari forme di poesia, cioè delle filastrocche, che voi conoscete bene perché abbiamo già studiato, io lo chiamo anche filastrocchiere. Dunque, siete attenti? Ascoltate bene perché dopo ne parliamo insieme.
«Va bene».

Se resti a casa, i grandi se ne vanno al lavoro. Vedono i posti e i mondi e sanno tutto loro. E quando poi ritornano, dopo gli abbracci e i salti, son loro che raccontano e tu ascolti. Ma se tu vai a scuola ogni giorno dell’anno ti succedono cose che le mamme non sanno. E quando torni a casa per una buona volta sei tu che le racconti e mamma ascolta. Fine.
«Bella». «Io non l’ho capita». «Io sì, perché ci sono delle rime, tipo sanno che fa rima con… No, tipo loro che fa rima con lavoro». «Per me è troppo corta». «La dobbiamo imparare a memoria?».

Calma, calma, mi dite di cosa parla?
«Parla di un bambino che deve andare a scuola». «Dice che le mamme, quando tu vai a casa da scuola, ti chiedono sempre: “Cosa hai fatto a scuola? Che voti hai preso?” E tu devi sempre rispondere questo o quello altrimenti non sono mai contente». «E’ vero, vogliono sapere quello facciamo. Sempre. Anche mia mamma». «Mio papà e mia mamma invece non me lo chiedono. Mai». «Secondo me parla di quando vai a scuola ma anche di quando torni a casa».

Ma a chi sta parlando il poeta?
«Il filastrocchiere».

La filastrocca inizia con “Se resti a casa”. Chi è che resta a casa?
«La bambina». «Il bambino». «Può essere sia un maschio sia una femmina, sia un bambino sia una bambina, di sicuro c’è solo che è un bambino che va a scuola, qualcuno che va a scuola».

Perciò Bruno a chi si rivolge?
«Bruno? Chi è Bruno?». «Il filastrocchiere anico del maestro!». «Maestro, ma tu lo conosci veramente il filastrocchiere?».

Vi ho fatto una domanda.
«Si rivolge ai bambini». «Si rivolge agli alunni, agli scolari». «Si rivolge a noi. Perché lui dice: “Se “tu” stai a casa e non vai a scuola…” Allora quel “tu” siamo noi, noi scolari». «Beh, non proprio noi, degli scolari a caso».

Vabbe’, fin qui ci siamo arrivati. Ma poi cosa spiega? Siete stati attenti? Ve la rileggo? Perché qui c’è scritto una cosa molto importante sull’importanza di venire a scuola.
«Ah, ho capito! Per studiare! Perché è importante studiare! Per quando diventeremo grandi che dopo, se non studiamo, non troveremo mai un lavoro!».

No, non dice così. Chi è stato attento e sa la risposta giusta?
«Dice che a scuola non ti diverti». «No. Dice che se un bambino non va a scuola, quando torna a casa da scuola e sua mamma gli chiede cosa ha fatto a scuola… Insomma, non può dirglielo, perché lui a scuola non c’è andato». «Dice che i bambini devono ascoltare i grandi. Ma se invece quel bambino va a scuola, dopo, lui può parlare di quello che ha fatto a scuola e i grandi, i suoi genitori, i suoi parenti, devono ascoltarlo». «Perché lui ha delle cose interessanti da raccontare». «Perché? Secondo te sono interessanti solo le cose della scuola?». «No. Ma ai miei genitori interessano di più di tante altre cose che gli dico». «Sì, è vero, la poesia spiega che se tu vai a scuola hai un mondo di cose da raccontare ai genitori, quando dopo torni a casa, perché a scuola ogni giorno succedono sempre un sacco di cose e ci vuole anche un po’ di tempo per raccontarle tutte, secondo me».