«Brigadiere, perché non hai fermato il tuo collega che mi stava picchiando?». «Fermarlo? Chi, a lui? No, io vengo e te ne do altre, ma siccome te le sta dando lui, non c’è bisogno che ti picchio anch’io». Come padrini e padroni, non come servitori dello Stato.

«Abbiamo saputo del caso del detenuto straniero che denunciava violenze nel carcere di Parma, nel 2009. Ci informò il giudice di sorveglianza di Reggio Emilia – riferisce Francesco Maisto, presidente del Tribunale di sorveglianza di Bologna – Informammo subito il sostituto procuratore di Parma che si attivò».

Dunque, tutti sapevano ciò che accadeva nel penitenziario parmense dove, spiega ancora Maisto, «proprio per questo in quegli anni si sono succeduti vari direttori». Nell’ottobre scorso, dopo la denuncia di un altro detenuto, questa volta italiano, la procura ha aperto un’inchiesta e 8 persone sono finite sul registro degli indagati.

Eppure la voce del ministero di Giustizia si è sentita solo ieri, dopo la pubblicazione delle registrazioni-choc delle voci di alcuni agenti penitenziari, che rivendicano violenze e «botte», effettuate dal detenuto Rachid Assarag nel penitenziario parmense e in altri degli 11 diversi carceri in cui è stato recluso dal 2009 al 2015. Il Guardasigilli Andrea Orlando ha chiesto al Dap di «assicurare l’opportuna collaborazione agli accertamenti in corso da parte dell’autorità giudiziaria e di fornire elementi di valutazione su quanto sarebbe avvenuto nel carcere di Parma, anche all’esito di un’eventuale attività ispettiva». Gli ispettori però al momento non si muovono.

«Se la Costituzione fosse applicata alla lettera questo carcere sarebbe chiuso da vent’anni», ammette candidamente un agente registrato. Ma il Sappe – che come tutti i sindacati penitenziari ha contribuito a bloccare in parlamento l’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento italiano – parla di «accuse generiche da verificare» e mette in dubbio che «un detenuto che sta scontando una pena a 9 anni e 4 mesi di reclusione per violenza sessuale possa tenere con sé un registratore».

Assarag invece è in sciopero della fame contro i continui trasferimenti punitivi e ha già perso 18 chili.

Però non è certo una novità e non vale solo per il carcere di Parma: Marco Pannella e Rita Bernardini lo denunciano da anni, anche se per i Radicali la violazione dei diritti umani e la tortura perpetrata in cella da alcune “mele marce” è solo una parte dell’illegalità del nostro sistema penale che mette fuori legge l’intero Stato italiano.

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Ieri sera, per esempio, nella sede di via di Torre Argentina, i Radicali italiani hanno presentato il film di Costanza Quatriglio «87 ore: gli ultimi giorni di Francesco Mastrogiovanni» che racconta – anche attraverso le immagini originali delle telecamere interne – i quattro giorni di agonia del maestro elementare di Castelnuovo Cilento sottoposto a Tso nel 2009, sedato e legato a un letto fino alla morte, nel reparto psichiatrico dell’ospedale Vallo della Lucania.