Si inasprisce lo scontro tra tecnocrati, vicini a Hashemi Rafsanjani, e ultra conservatori, sostenitori dell’ex presidente Mahmud Ahmadinejad, in Iran. L’entourage del nuovo presidente, il moderato Hassan Rohani, continua a fare pressioni per accelerare le riforme. E così, il ministro della Cultura, Ali Jannati ha annunciato una revisione dei limiti imposti all’uso di Internet. Sebbene in Iran l’accesso ai social network e ai media mainstream sia proibito, sono diffusissimi filtri che permettono di aggirare le restrizioni. Questi software sono facilmente scaricabili da internet e disponibili in ogni «coffénet» delle città iraniane. Ali Jannati ha ammesso che sono almeno quattro milioni gli iraniani che, nonostante i limiti imposti dalla legge, accedono ugualmente ai siti proibiti. «Ci sono sei ministri nel comitato della censura – ha aggiunto Jannati – abbiamo spiegato loro che non si possono sollevare barriere». Il comitato, oltre a supervisionare i social network, è anche incaricato di filtrare l’accesso ai siti di gruppi politici considerati ostili all’Iran.
Rohani ha ottenuto la testa del rettore dell’Università di Tehran, Farhad Rahbar, già nominato da Mahmud Ahmadinejad. Nel suo mandato, Rahbar aveva chiuso numerose associazioni studentesche, vicine al movimento riformista. È stato sostituito da Mohammad Hossein Omid. Mentre è tornato ad insegnare all’Università Allameh Tabatabaei, Parviz Piran. Il docente era stato rimosso per volontà dei radicali nel 2012. Ma ai deputati conservatori iraniani l’attivismo per le riforme degli uomini di Rohani non piace. Due ministri, il carismatico responsabile degli Esteri, Javad Zarif, e il ministro dell’Intelligence, Mahmoud Alavi, sono stati invitati a comparire di fronte al parlamento iraniano. Zarif è nell’occhio del ciclone per aver concesso troppo nei negoziati sul nucleare, secondo i politici radicali vicini all’ex presidente Ahmadinejad. Alavi viene criticato per il sostegno al tentativo di riavvicinamento con le autorità degli Stati uniti, dopo gli accordi di Ginevra del 24 novembre 2013 (nel settembre scorso, per la prima volta in 34 anni, il presidente iraniano Rohani ha parlato al telefono con il suo omologo Barack Obama).
La scorsa settimana, il deputato Ali Motahari è stato denunciato per le sue critiche ai giudici in occasione del terzo anno di detenzione agli arresti domiciliari, degli ex candidati alle presidenziali, i riformisti, Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi (ora trasferito nella sua abitazione). Il sito vicino ai tecnocrati Kalame ha anche rivelato che un sostenitore della campagna elettorale di Mousavi nel 2009, è stato arrestato all’aeroporto Imam Khomeini di Tehran mentre rientrava nel paese. Il politico è stato condannato a cinque anni di prigione, prima che lasciasse l’Iran. Lo scontro si sposta anche sul controllo della tv pubblica tra il braccio destro di Rohani, Hessamodin Ashena, e il direttore dei media di stato, Ezzatollah Zarghami. La tv pubblica è da anni su posizioni conservatrici, per questo i tecnocrati avrebbero chiesto una riduzione del suo budget. Non solo, il giornale riformista e sostenitore di Rohani, Aseman, è stato chiuso. Nelle scorse settimane era apparso un articolo in cui si criticava il ricorso alla pena di morte secondo il codice penale iraniano. Infine, l’attivista politico e film-maker, Mohammed Nourizad è stato arrestato, condotto nella prigione di Evin e poi rilasciato. Nel 2009, Nourizad era stato condannato a cinque anni per «insulti alla leadership» e «propaganda contro il sistema».