Nulla di fatto, dai giudici della Corte di diritti umani non arriverà nessuna decisione su Silvio Berlusconi. Come aveva, alla fine, chiesto lo stesso Cavaliere, al termine di una lunga attesa.

Era stato proprio Berlusconi, oltre cinque anni fa, a ricorrere alla Corte di Strasburgo contro la decadenza da senatore, votata dal parlamento italiano in applicazione della legge cosiddetta Severino. Secondo il Cavaliere si trattava di un’applicazione retroattiva di una sanzione penale, vietata tanto dalla Costituzione italiana quanto dalla Convenzione (articolo 7) sul cui rispetto vigila la Corte di Strasburgo. Il 27 novembre 2013, esattamente cinque anni fa ieri, Berlusconi era stato dichiarato decaduto dal senato e ineleggibile per sei anni come conseguenza della condanna definitiva a quattro anni per frode fiscale (di cui tre coperti da indulto) decisa dalla Cassazione il primo agosto. Nel frattempo gli avvocati di Berlusconi avevano già fatto ricorso a Strasburgo. E dopo quasi quattro anni i giudici della Corte avevano deciso di affidare la decisione alla Grand Chambre, l’organo che esamina le questioni più delicate e complesse.

Proprio alla vigilia della tanto attesa decisione, Berlusconi aveva però conquistato la riabilitazione, avendo scontato la pena residua con l’affidamento ai servizio sociali. Nella scorsa primavera è caduta così la limitazione imposta dalla legge Severino e si era nel frattempo persino chiusa la legislatura alla quale il Cavaliere aveva dovuto rinunciare: adesso è però di nuovo eleggibile. Nel luglio scorso Berlusconi aveva dunque chiesto alla Grand Chambre di archiviare la sua richiesta. I suoi avvocati – Coppi, Nascimbene, Saccucci e Ghedini – hanno spiegato ieri il motivo: «Non vi era alcun interesse dopo oltre cinque anni di ottenere una decisione che riteniamo sarebbe stata favorevole alle ragioni del presidente Berlusconi, ma che non avrebbe avuto alcun effetto concreto. Una condanna dell’Italia avrebbe altresì comportato ulteriori tensioni nella già complessa vita del paese, circostanza che il presidente Berlusconi ha inteso assolutamente evitare». Ragione per cui, alcuni tra i suoi più ferventi sostenitori hanno parlato ieri di un gesto da «statista» o da «patriota» (l’eurodeputato di Forza Italia Martusciello è ricorso a entrambi i sostantivi).

Può sorprendere la decisione – a maggioranza – della Grand Chambre di non pronunciarsi sul caso, così come chiesto dall’applicant Berlusconi, considerata la rilevanza della questione. Che attiene al rapporto tra legge penale e mandato elettorale, tanto delicato da aver convinto i giudici di Strasburgo a chiedere un parere alla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (conosciuta come Commissione di Venezia), un comitato di costituzionalisti che fa da consulente per il Consiglio d’Europa.. La decisione su Berlusconi poteva in altra parole valere da precedente per i tanti casi di incompatibilità e ineleggibilità contestate nei 47 stati membri. Del resto l’articolo 37 della Convenzione prevede che la Corte possa decidere, anche se l’interesse del ricorrente e venuto meno, per assicurare «il rispetto dei diritti umani». Si tratta però, spiega l’avvocato Saccucci, «di casi rarissimi perché la Corte funziona a istanza di parte, un po’ come un giudice civile». Dunque per avere un giudizio sulla legge Severino bisognerà guardare ai procedimenti pendenti. Che sono due, il più vecchio sollevato da un mancato consigliere regionale del Molise (Miniscalco), il più recente dall’ex deputato di Forza Italia Galan