La giacca gli sta da dio, forse un po’ lunga. Si mette in posa. E’ un profugo eritreo. Foto ricordo con studentessa milanese. Sorridono. Lungo i bastioni di Porta Venezia centinaia di maglioni, giacche, magliette e camicie, è un mercato libero per aiutare le persone che stanno cercando fortuna in Europa. Milano vende moda non c’entra, questa è solo la prima volta che gli studenti milanesi quest’anno mettono il naso e la testa fuori da scuola. Buona la prima, anzi buonissima. Può una manifestazione di pochi ragazzi del Coordinamento dei Collettivi diventare uno dei più grandi (e sensati) debutti di stagione degli ultimi anni? Sì, se l’idea è fare un po’ di teatro davanti alla sede della Ue con un muro di cartone, filo spinato e con alcune idee in testa (“Respingiamo le ignoranze e il razzismo, apriamo le menti e le frontiere”), e l’obiettivo è chiudere in bellezza con un gesto di amicizia verso i profughi africani che si aggirano spaesati in Porta Venezia. C’erano più sacchi di vestiti che studenti, è vero. Poco importa. La strada per ripartire è quella giusta, perché porta dappertutto. A Ventimiglia, nel Mediterraneo, in Europa, dentro la scuola. Una lezione di storia, di politica e di geografia. Anche di vita.