L’accelerazione della crisi tra Ucraina e Russia covava già da 48 ore. Sabato l’agenzia Tass aveva informato che dal primo mattino erano in corso esercitazioni militari dell’esercito ucraino sul Mar d’Azov. E a Kiev il parlamento approva 30 giorni di legge marziale. Nel pomeriggio poi il ministero della difesa ucraino dichiarava di aver conquistato un villaggio del Donbass proprio nella «zona grigia» che separa i confini tra le «repubbliche ribelli» e quelle del Tridente, mettendo fine q una traballante tregua (segnata da continui screzi) che resisteva da mesi. L’inasprirsi dello scontro nel Donbass veniva confermato domenica sera dall’agenzia 112.ua che informava di un duro scontro con scambio di colpi di artiglieria pesante tra i due eserciti non lontano da Maryupol con l’uso, da parte ucraina, perfino dell’aviazione.

DOMENICA mattina, l’Fsb (l’ex Kgb) aveva segnalato che 3 navi ucraine (le due cannoniere Berdiansk e Nikopol e un rimorchiatore) erano entrate nel Mar Nero, al largo della Crimea, in acque che la Russia considera territoriali dopo l’integrazione della penisola nel 2015. Seguiva un fitto scambio di veline tra i due stati maggiori. L’Ucraina affermava di aver chiesto che le 3 navi potessero rientrare dallo sconfinamento per poter proseguire verso lo stretto di Kerch e approdare sul mar d’Azov, mentre i russi parlavano di «aperta provocazione» e affermavano di aver avvistato in zona altre due navi ucraine. In serata poi la marina russa poneva sotto controllo le tre navi russe che venivano scortate al porto di Kerch. Per gli ucraini, non smentiti dai russi, una delle navi era stata cannoneggiata e una seconda speronata provocando 6 feriti tra i 24 soldati dell’equipaggio.

IMMEDIATE le conseguenze politiche. Il presidente ucraino Poroshenko accusava la Russia di «criminale aggressione» e annunciava lo stato di guerra in tutto il territorio nazionale, richiamando i riservisti e ponendo sotto il controllo del governo tutto il sistema bancario. Il tycoon ucraino si metteva poi in contratto con i quartier generali della Ue e della Nato a Bruxelles proponendo «rapide e decise azioni comuni». Mosca da parte sua affidava a Marya Zacharova una prima violentissima replica in cui si parlava di «un’azione provocatoria premeditata da parte ucraina». Per la diplomatica russa il cui regime installato a Kiev è solo «un’accolita di banditi sul genere di Michail Saakashvili», l’ex leader della Georgia che nel 2008 provocò la guerra in Ossezia. Ancora più duro il comunicato di Sergey Lavrov nel pomeriggio di ieri: «Vorremmo mettere in guardia l’Ucraina che il tentativo di provocare un conflitto con la Russia nelle acque nei mar d’Azov e mar Nero in coordinamento con gli Stati Uniti e la Ue è gravido di conseguenze. La Federazione russa bloccherà con durezza qualsiasi sconfinamento che mette a repentaglio la sua sovranità e sicurezza». Tesi poi ripetute nella riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu riunitosi in tarda sera su richiesta della Federazione Russa.

«LA PROVOCAZIONE – per il ministro degli esteri russo Lavrov – è stato accuratamente progettata e pianificata per creare ulteriore tensione nella regione, per avviare una nuova escalation di sanzioni e per distogliere l’attenzione dalla situazione in cui versa l’Ucraina».

Una guerra tra i due paesi nell’immediato, non sembra essere all’orizzonte, anche se le violente manifestazioni inscenate ieri dalle formazioni dell’estrema destra davanti ai consolati russi in Ucraina potrebbero innescare pericolose e imprevedibili conseguenze.

CON TRUMP impegnato a disbrigare la vicenda messicana, quasi in sua vece ha preso la parola Jens Stoltenberg, segretario della Nato, che incontrando Poroshenko ha minacciato la Russia di «pesanti reazioni» e ha annunciato a breve un incontro con i vertici militari ucraini per definire le decisioni di assumere. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk che ha condannato la Russia «per l’uso della forza nel mare di Azov» e ha chiesto alle autorità russe «di liberare i marinai ucraini e astenersi da ulteriori provocazioni». Ma sia Angela Merkel che il comunicato ufficiale Nato parlavano della «necessità di disinnescare la crisi».

Tuttavia le nuove probabili sanzioni anti-Putin e il riaccendersi dei fuochi nel Donbass rischiano di spingere in un vicolo cieco una crisi che si trascina ormai da 5 anni.