La breve storia di Amazon è fortemente intrecciata con lo sviluppo della Rete. Fondata da Jeff Bezos, aveva come nome originario Cadabra.com, ma troppo difficile da ricordare. Così, a pochi mesi dal suo debutto su Internet, il nome fu sostituito con l’esotico Amazon, il fiume brasiliano eletto a simbolo del flusso incessante di informazioni nel web.
Su Amazon potevano essere venduti libri, per poi passare a cd, dvd e elettronica di consumo, anche se l’obiettivo era di far diventare uno store dove si poteva vendere di tutto. Era chiara però una cosa: le merci dovevano avere prezzi bassi. Solo così poteva attirare l’attenzione dei consumatori. E così è stato, attraverso anche strategie di «fideilizzazione» dei clienti (un best client non paga ad esempio i costi del trasporto). La soluzione era la cancellazione di tutte le fasi di intermediazione tra produttore e venditore, una politica al ribasso sui compensi per chi doveva trasportare le merci. Amazon ha dovuto fronteggiare una serie di problemi. Il primo riguardava il brevetto sul click-1, cioè quel carrello che indica all’utente cosa sta acquistando. Chi contestava la paternità della Amazon ha portato l’impresa in tribunale. Una controversia che solo anni dopo è stata risolta a favore di Amazon. C’era poi la necessità di aprire magazzini non solo negli stati Uniti ma in tutti i mercati che contano (Europa, Asia, America latina, Canada, Nuova Zelanda e Australia). E così è stato. La particolarità dei magazzini era la loro radicale automazione: un sistema integrato che andava dall’ordine alla gestione delle scorte, dal reperimento all’imballaggio. La prima vera difficoltà è venuta dalla Francia quando è stato pubblicato il libro En Amazonie di Jean-Baptiste Malet (Kogoi edizioni) dove veniva denunciata l’alienazione e i bassi salari dei lavoratori. Ma Amazon è camaleontica. Non ama i sindacati e preferisce pagare poco, ma non viola le leggi. Meno bene è andata in Germania, quando alcuni sindacati di base denunciarono il fatto che i vigilantes avevano fatto parte dei gruppi neonazisti tedeschi e che usano la violenza per imporre l’ordine all’interno degli stabilimenti. Per Amazon fu una brutta gatta da pelare, visto anche la campagna di boicottaggio lanciata da alcuni movimenti sociali. Jeff Bezos è uno dei boss della Rete, ma non dovrebbe scandalizzarsi se la sua Amazon è l’inferno descritto dal New York Times. Sono infatti anni che nei forum sul digital labor Amazon è descritta quasi sempre come un penitenziario.