Era il 17 giugno del 2011 quando veniva perquisita per la prima volta la casa di Alberto Perino, alla vigilia della bollente estate di due anni fa. Ieri mattina, la Digos di Torino è ritornata a Condove, perquisendo l’abitazione del leader No Tav su disposizione della Procura, nell’ambito dell’inchiesta che lo vede indagato per istigazione a delinquere.
Non c’è, dunque, giorno di tregua in quest’inizio d’autunno valsusino, inaugurato dalla visita «marziale» del ministro Angelino Alfano al cantiere della Maddalena.
I fatti contestati a Perino risalgono a un mese fa, fine agosto, quando il movimento cercava di intercettare e bloccare i convogli con i componenti della talpa che a breve entrerà in funzione a Chiomonte. Perino avrebbe in quei giorni diffuso via mail le targhe di alcuni mezzi pesanti di ditte che operano per il cantiere dell’alta velocità, sospettati di trasportare parti della grande fresa (i dati sono stati poi pubblicati su alcuni blog e siti vicini al movimento e visibili online). Secondo i pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino quelle informazioni sensibili erano «funzionali a scopi illeciti in contesti nei quali vengono commessi gravi reati».
«Questo è un accanimento giudiziario», ha dichiarato Perino, che nelle settimane scorse era già stato ascoltato sull’argomento in Procura e il 15 settembre, attraverso il blog di Beppe Grillo, aveva anticipato un settembre caldo nei confronti dei No Tav, «capro espiatorio ideale» per media, politica e magistratura. «Come ho già spiegato, esiste il Pra (Pubblico registro automobilistico, ndr) che in quanto pubblico permette a chiunque di avere una serie di informazioni. Si può fare lo stesso con le visure camerali e ottenere informazioni su qualsiasi ditta». Perino si è domandato: «Sono stato accusato, perquisito e inquisito, perché controllo, perché sono un ficcanaso?». E ha aggiunto: «Loro sostengono che io, cercando informazioni sulle targhe, dico agli altri cosa fare. Ma questo lo dicono loro».
Nel decreto di perquisizione si legge: «Il movimento No Tav, utilizzando un apparato logistico investigativo al proprio interno, ha predisposto un’attività di controllo del territorio». Con particolare attenzione alla «movimentazione dei mezzi». Usando anche «un servizio di vedette» e un «posto di controllo» dei tir sull’autostrada A32. Secondo i magistrati la diffusione di informazioni – come il nome delle ditte, le targhe, la tipologia e il valore camion – era funzionale a bloccare con metodi illeciti l’arrivo della fresa.
E, qui, non troppo implicitamente, entra la questione sabotaggi di cui si dibatte da tempo. Erri De Luca per aver difeso la pratica è stato prima denunciato da Ltf (la società incaricata di realizzare la tratta transfrontaliera) e poi indagato. Ieri, Perino ne ha ancora una volta difeso l’azione: «Con il limite invalicabile di non far male a nessun essere vivente, noi continueremo a fare di tutto per fermare l’opera». Annunciando la continuazione di sabotaggi al cantiere e alle ditte che lavorano per la Torino-Lione, in quanto «unica strategia rimasta».
Solidarietà a Alberto Perino è stata espressa dal segretario torinese di Rifondazione comunista, Ezio Locatelli, e da quello nazionale Paolo Ferrero («la perquisizione conferma il clima di repressione»), dalla Cub («basta accanimento del governo contro i No Tav»), dal M5s con Roberta Lombardi: «Ecco cosa rischia un cittadino che difende in modo pacifico e non violento la sua terra».
Ieri, il Comitato No Tav Susa-Mompantero ha annunciato di aver superato le 2mila firme per la petizione contro la militarizzazione. Parole distensive, rispetto ai diktat alfaniani, arrivano dal neoprefetto di Torino, Paola Basilone: «Voglio incontrare i sindaci della Valle».