Il sipario è aperto, ma un’altra parete velata nel punto del «fondale» prova a nascondere le cinque figure che si manifesteranno sul palcoscenico dell’Argentina. Una sfocatura di immagine che subito richiama i fotogrammi iniziali di Deserto rosso, il film di Antonioni preso a pretesto, sminuzzato e interiorizzato da Daria Deflorian e Antonio Tagliarini per raccontare la mortificazione della realtà: allontanata e negata, resa intangibile, irrappresentabile in questo nostro presente immodificabile. Un’iperbole di sottrazioni e appiattimenti per lasciare Quasi niente (in scena fino al 14 ottobre), dentro un quotidiano gonfio di aneliti e insicurezze. In un quadro macchiato di un verde e un ocra pastello scuro, si procede per frammenti monologanti e rivelatori che sfociano in brevi dialoghi. E nello sforzo di trovare le parole, per dirlo allo spettatore quello strazio del vivere, il gioco diventa meta teatrale e ironico per mezzo di Monica Piseddu che fa Giuliana, strizzando l’occhio a Monica Vitti, ma allontanandosene con la consapevolezza e il disincanto rassegnato di un oggi senza speranza.