Nonostante abbia più volte cambiato registro, sembra che Peter Cameron mantenga nei suoi romanzi alcune fedeltà tematiche, qualche ricorrente predilezione circa la psiche dei personaggi, e frequenti ricorsi a strategie narrative che ripropone a dispetto delle diverse contingenze romanzesche: tutto questo non lo differenzia affatto dalla maggior parte degli scrittori, ma definisce la riconoscibilità della sua voce, della quale fa parte anche una qualche gradevolezza, altra costante della sua scrittura.

Ciò che ritorna, nelle pagine di Cameron, ha a che vedere con l’intento di trovare un equilibrio fra il dire il non dire e con il gusto di depistare il lettore, ma non più di quanto basta a mantenerne vigile l’attenzione. Inoltre, è evidente la sua passione per le figure disorientate, incerte sul da farsi, poco a loro agio nel mondo. Erano così sia il James protagonista di Un giorno questo dolore ti sarà utile, un ragazzo che tutti gli altri personaggi del libro considerano disadattato, che Omar Rezaghi, il giovane studioso di Quella sera dorata, e in modo più interessante il maggiore Clement Hart, comprimario maschile di quello che resta l’ultimo romanzo di Cameron, Coral Glynn. Inoltre, sembra che le figure di uomini e donne già molto avanti negli anni e nella rassegnazione esercitino sullo scrittore americano una speciale attrattiva, perché è sempre a loro che riserva le qualità migliori, e sebbene questo tipo di charme non sia la prerogativa alla quale attinge per alimentare la brillantezza dei suoi dialoghi, di certo è la proiezione del suo animo che attira di più il lettore. E, ancora, non c’è libro dello scrittore americano che non conti uno o più personaggi omosessuali, spesso o quasi sempre irrisolti, come sono del resto i caratteri nei quali gli è più facile identificarsi.

Tutte queste ricorrenze erano già evidenti in un romanzo che Cameron scrisse nel ’97, dieci anni prima di guadagnare – con Un giorno questo dolore – il vero successo, e che la Adelphi pubblica per la prima volta mantenendone il titolo originale: Andorra (traduzione di Giuseppina Oneto, pp. 236, euro 18,00). Il primo elemento vagamente depistante è affidato alla mancata corrispondenza tra il nome realmente esistente dello staterello da cui prende il titolo il libro e la geografia immaginaria in cui Cameron decide di immergerlo, facendolo bagnare da un mare che la vera Andorra non ha mai visto.

A giudicare dalle motivazioni che hanno spinto a trasferirsi in questo stato non solo il protagonista, Alex Fox, ma tutti i personaggi che lo circondano, Andorra si propone al tempo stesso come un piccolo Eldorado, dove le tasse sono particolarmente basse e il cui panorama è impagabile, e come un refugium peccatorum, dove dimenticare il passato. Salvo rivelarsi, a una minima frequentazione, uno stato totalitario, dove la polizia ha mano libera e i cittadini imparano presto ad averne paura: proprio questo accade alle due principali figure maschili del romanzo, Alex Fox, arrivato a Andorra da San Francisco, dove possedeva una libreraia antiquaria, e Ricky Dent, che insieme a sua moglie – anche lei di nome Ricky – si è lasciato l’Australia alle spalle e lavora alla traduzione in opera lirica dell’Immoralista di Gide.

Entrambi gli uomini, a distanza di pochi giorni, verranno sospettati di essere gli assassini di persone senza identità ripescate nel porto, e entrambi separatamente si avvieranno verso una fuga improbabile, certi che la polizia non gli crederà e anzi si scaricherà dal peso delle indagini addossando loro la responsabilità degli omicidi. Ma prima che questo accada, prima che in qualche modo i personaggi stessi chiariscano l’uno all’altro le loro fisionomie, Alex Fox era stato sospettato di avere ucciso Ricky Dent, affrettatamente identificato come uno dei cadaveri, per il solo fatto che i due erano stati visti passeggiare insieme la sera prima.

Appena arrivato a Andorra, Alex era stato avvicinato da una serie di persone con cui aveva stabilito diverse contiguità, tutte desiderose di stringere amicizia, tutte molto educate ma leggermente invadenti, tutte con qualche lutto alle spalle, evidentemente avide di mondane affettività. I Dent avevano invitato Alex a cena, poi il signor Ricky lo aveva riaccompagnato, gli aveva confidato di essersi repentinamente innamorato di lui e, congedato dall’altro con un garbatissimo rifiuto, non era tornato a casa, allarmando la moglie e inducendo la polizia a credere che fosse stato ucciso dall’amico.

In realtà, nessuno dei personaggi muore nel corso del romanzo, e tutti si incastrano in una sorta di puzzle vagamente cubista, combaciando solo fino a un certo punto con i ruoli che intepretano. Come spesso nei romanzi di Cameron, i personaggi femminili sono quelli investiti della maggiore emotività autoriale, e tra loro il solo che esibisca un profilo interamente positivo non a caso ha un’età veneranda: è una signora ultranovantenne che gestisce la biblioteca dell’albergo, un tempo suo, dove Alex si sistema appena arrivato, e cui lo scrittore americano affida qualche rapsodica comparsa. Quanto agli altri principali personaggi femminili – Miss Ricky Dent e la giovane Jean Quay – entrambe le donne si innamorano di Alex, che le corrisponde in modo diverso; ma solo di Jean si fida per rivelarle, nelle ultime pagine del libro, ciò che lo ha portato a abbandonare la sua vita passata e trasferirsi a Andorra.

Per quanto drammatico, il passato del protagonista – la cui reale posizione nel mondo verrà svelata solo nell’ultimo capoverso dell’ultima pagina – lascia del tutto imperturababile tanto lui stesso che la sua confidente, almeno a quanto esplicitato nella trama. Non si vede, del resto, perché autorizzarsi a credere qualcosa di diverso da quanto viene detto, visto che la superficie del romanzo sembra coincidere con tutto quanto c’è da esplorare. È chiaro che Cameron, al tempo in cui scrisse Andorra, stava compiendo i suoi esercizi di approssimazione alla messa a punto dei personaggi e della trama: gli uni – i caratteri – tanto pudicamente definiti quanto più erano deputati a accogliere le proiezioni della sua psiche, e l’altra – la vicenda – molto più affollata di eventi di quanto non sarebbero state le sue prove migliori.

Ancora molto lontano dallo sperimentarsi nelle effervescenze dei dialoghi che avrebbero portato a fibrillazione la scrittura di Un giorno quel dolore ti sarà utile, e altrettanto distante dalla messa a punto di personaggi consistenti come quelli che sarebbero comparsi in Coral Glynn, Cameron si cominciava a definire come lo scrittore di garbato intrattenimento che sarebbe rimasto, soccorso da una scrittura agréable e proiettato in contesti e in preoccupazioni fuori tempo, il che contribuisce a sospendere almeno alcuni dei suoi romanzi – tra i quali Andorra – in atmosfere poco riconducibili a elementi di realtà, e perciò più suscettibili di alimentare una lettura di svago.