Non è una buona notizia per Silvio Berlusconi che la Grand Chambre di Strasburgo, le sezioni unite della Corte europea dei diritti dell’uomo, si occuperà del suo ricorso nell’udienza del 22 novembre. È una data lontana (oltre che non fausta per il Cavaliere), ben oltre i tempi tecnici: a settembre tutte le procedure potranno dirsi concluse. Purtroppo per l’ex presidente del Consiglio, dall’udienza alla sentenza di Strasburgo il tempo di attesa è di almeno sei mesi. Questo vuol dire che seppure Berlusconi dovesse vincere la sua battaglia contro la legge Severino che lo ha fatto decadere dal senato, non tornerà candidabile in tempo per le elezioni del 2018. Non si sa con quale legge, ma di certo torneremo a votare prima del prossimo giugno, al più tardi a maggio.

La Grand Chambre ha informato ieri della fissazione dell’udienza, con un comunicato di due pagine nel quale si riassume la storia dello scontro tra Berlusconi e la legge Severino. Condannato definitivamente il 1 agosto 2013 per frode fiscale, il Cavaliere ha dovuto lasciare il suo seggio al senato in seguito al voto sulla decadenza del 27 novembre successivo. Durante l’esame del suo caso in giunta, Berlusconi aveva chiesto ai senatori di fermarsi perché aveva deciso di chiedere giustizia alla Corte di Strasburgo. Che ha protocollato il ricorso il 10 settembre 2013.

Le ragioni di Berlusconi sono note: sostiene che la legge Severino violi l’articolo 7 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, quella che si riassume nel motto «nessuna pena senza una legge», un principio presente anche nella Costituzione italiana. La legge Severino e di conseguenza l’incandidabilità e la decadenza dei parlamentari, infatti, non esisteva quando Berlusconi ha commesso la frode per la quale è stato condannato. La vicenda è stata risolta dai giuristi italiani con l’argomento che la legge Severino non introduce una nuova pena – incostituzionalmente retroattiva – ma si limita a stabilire i requisiti di onorabilità che i parlamentari (o aspiranti) devono possedere. Sul punto non si è pronunciata la Corte Costituzionale, che invece ha confermato la legge Severino su altri aspetti che riguardano le candidature degli amministratori locali. Dallo scorso marzo, inoltre, Berlusconi ha un argomento in più da offrire, avendo il senato votato contro la decadenza del senatore Minzolini, anche lui condannato definitivamente. In questo modo la difesa del Cavaliere – l’avvocato Ghedini affiancato a Strasburgo dall’avvocato Saccucci – può argomentare che la decisione sulla decadenza ha un contenuto politico e non consegue automaticamente dalla condanna.

A decidere saranno 17 giudici della Corte di Strasburgo, la composizione finale della Grand Chambre sarà decisa da un sorteggio. Di certo faranno parte del collegio i presidenti di sezione e un giudice in rappresentanza dell’Italia (la causa è contro il governo italiano, che ha da tempo inviato memorie in difesa della Severino). Che non sarà il giudice Guido Raimondi, presidente della Corte, che ha deciso di astenersi, ma la giudice Ida Caracciolo. Con lei di certo altre tre donne (le giudici ucraina, svedese e tedesca), e due uomini (Grecia e Islanda). Le sentenze della Grand Chambre sono inappellabili, l’udienza del 22 novembre sarà unica. Il 22 novembre 1994 il Corriere della Sera pubblicava la notizia dell’indagine di Mani pulite su Berlusconi. Erano gli ultimi giorni del primo governo del Cavaliere.