Adesso sì che il ddl Cirinnà è a rischio. «Se ci sarà un asse Pd-M5S sulle unioni civili l’Udc ne prenderà atto. Non ci resterà altro da fare che uscire dalla maggioranza», ha detto ieri il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa parlando all’assemblea nazionale del partito. Ammesso e non concesso che un ex democristiano sia disposto a lasciare una poltrona, anche le parole di Cesa, dopo quelle di Alfano, hanno avuto l’effetto di non suscitare neanche una risposta. Praticamente nessuno si è accorto di quello che ha detto. E se pure Cesa dovesse mettere in atto i suoi propositi, lasciando così solo il Ncd a gestire Area popolare, basterebbe rimpiazzare un ministro e forse qualche sottosegretario per rimettere tutte le cose al loro posto. Per uno come Renzi, abituato a cambiare le persone in corsa, roba al massimo di una mezzoretta.

Chi l’ha capito è proprio il leader del Ncd che dopo aver minacciato anche lui giovedì di uscire dalla maggioranza, ieri ha preferito innescare la retromarcia: «Non ho mai minacciato la crisi di governo sulle unioni civili perché è una questione che attiene alla libertà di coscienza – ha precisato Alfano -. La Democrazia cristiana subì il divorzio e non cadde il governo». Tradotto, è di fatto un via libera al ddl Cirinnà.

Intanto il Consiglio d’Europa è tornato ancora una volta sollecitare una legge che non sia timida nel riconoscere l’eguaglianza di diritti tra persone etero e omosessuali. Con il ddl Cirinnà in discussione al Senato, ha detto il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muizniesks, «l’Italia non sta creando nuovi diritti ma semplicemente eliminando la discriminazione basata sull’orientamento sessuale».

Muizniesks è stato chiaro anche sugli orientamenti espressi dalla Corte di Strasburgo, per la quale «se le coppie etero non sposate possono adottare il figlio del partner, lo stesso devono poter fare le coppie dello stesso sesso». Parole che, secondo la presidente dell’associazione Famiglie Arcobaleno Marilena Grassadonia «confermano che non ci possono essere accordi al ribasso sulla stepchild adoption senza che questi costituiscano un’aperta discriminazione di gay e lesbiche e dei loro figli».

Mercoledì la discussione dell ddl Cirinnà entrerà nel vico con il voto su articoli ed emendamenti. Nonostante tutti i tentativi di arrivare a una mediazione condivisa da tutti, il d resta diviso: ««Le unioni civili sono una delle poche cose che si stanno facendo e che erano nel programma del 2013, quando parlava di soluzione alla tedesca», ha detto ieri Pierluigi Bersani. Nel partito, però, siamo ancora alla conta dei voti. 35 senatori dem sarebbero pronti a votare no alla stepchild adoption insieme a anche sette delle Autonomia,a ma ne Pd sperano di recuperare almeno quattro dei dissidenti. Sommando i voti di Pd, M5S, Sel e verdiniani il totale farebbe quindi circa 140 favorevoli al ddl Cirinnà. Una maggioranza abbastanza risicata e tale da non garantire tranquillità sull’esito del voto.

Nonostante questo il Pd continua a fare muro rifiutando ogni stralcio delle adozioni e puntando tutto sugli emendamenti preparati dal senatore Lumia che limano i collegamenti agli articoli del codice civile che fanno riferimento al matrimonio ribadendo il ruolo determinante dei tribunali minorili nel decidere sull’adozione. Emendamenti che no stravolgono il ddl e che potrebbero avere il consenso anche dei grillini. Da parte loro, invece, i cattodem insisteranno con la proposta dell’affido rafforzato e l richiesta di punire con il carcere chi fa ricorso alla gestazione per altri all’estero. Un tavolo tecnico è previsto tra lunedì e martedì per trovare una possibile soluzione.