Tutti gli infermieri d’Italia, occupati e disoccupati, (circa 400 mila) ogni anno pagano una tassa ad Equitalia, per poter esercitare la loro professione e finanziare i loro collegi professionali. Con una Costituzione che si basa sul lavoro questo “tributo obbligatorio” non mi pare ne civile ne coerente. Ogni anno entra nelle casse dei collegi professionali una enorme quantità di denaro (si parla di 28 milioni di euro). I collegi, definiti giuridicamente “enti pubblici non economici”, non hanno gli stessi obblighi di trasparenza degli altri enti pubblici. Il denaro degli infermieri viene usato in modo discrezionale, da chi comanda, per alimentare e mantenere soprattutto forme di potere medioevali. Se si cancellasse questo rottame di altri tempi si potrebbero cancellare, nello stesso tempo, ben altre conseguenze che direttamente ne derivano.

Innanzitutto il blocco di potere, che perdura da almeno 20 anni, si è talmente identificato con l’istituzione che ha occupato, da sembrarne non il gestore delegato ma il proprietario sovrano per diritto naturale o divino. In secondo luogo un’infermiera intraprendente è da molti anni Presidente della Federazione nazionale dei collegi dal momento che i mandati sono a tempo illimitato, con retribuzioni cospicue, libere da quei tetti imposti alla politica ai grandi manager, ai grandi funzionari dello Stato. La Presidente è anche senatrice del Pd, non volendo e non potendo contrastare le politiche che stanno mettendo in ginocchio la propria professione, è costantemente in conflitto di interesse riducendo i collegi a una servile cinghia di trasmissione. Nonostante sia la Presidente della federazione nazionale dei collegi, l’onorevole senatrice è socia di una società che offre agli infermieri servizi assicurativi (Promesa): per gli infermieri dovrebbe valere l’obbligo della copertura assicurativa. Quindi una “signora multitasking”, che promette agli infermieri la “grande professione”, in realtà capace di offrire solo mortificazioni.

Gli infermieri nei servizi sono ormai da anni le vittime di uno sfruttamento sistematico giocato interamente sulla reciprocità funzionale tra disoccupazione e deprofessionalizzazione. Oggi il 60% degli infermieri neolaureati è disoccupato e negli organici dei servizi mancano almeno 60.000 unità (Ocse 2013). La deprofessionalizzazione, cioè l’infermiere “tappa buchi”, in questi anni è stata la risposta al blocco del turn over. Era quindi inevitabile che nel tempo il sistema dei collegi diventasse la prima vera controparte degli infermieri che per protestare la loro rabbia, non potendosi cancellare e rifiutarsi di pagare la tassa sulla servitù, hanno solo un modo: astenersi dal votarli.

Tutto questo orrendo sistema ha una base di legittimazione infima. Spesso nel momento in cui si eleggono i presidenti di collegi e tutto il resto non si raggiungono i quorum previsti dalla legge (e spesso per coloro che si candidano si dice, che per recuperare voti si vanno a prendere gli infermieri a casa con le autoambulanze).

L’enormità di tutto ciò è la sua assurda e surreale “normalità”, nel senso che tutti sanno che le cose funzionano così e nessuno si meraviglia più di niente. Ma quando queste cose degenerano in brutture autoritarie e in derive speculative ci si accorge che questa “normalità” è inaccettabile. E’ successo in seguito all’iniziativa di un giovane sindacato indipendente (Nursind) che ha pensato di consultare gli infermieri ponendo loro dieci domande sulla loro condizione lavorativa.

Per prima cosa le 10 domande sono inviate alla Federazione nazionale dei collegi e a tutti i collegi provinciali. Gli infermieri cominciano a rispondere, esprimendo le loro critiche, le loro delusioni e la loro amarezza. La presidente e senatrice del Pd, con una serie di circolari sollecita i collegi a non rispondere alle domande perché non sono ammesse discussioni fuori dagli organismi statutari…. i collegi obbediscono. Poi chiede di assumere, se il caso, iniziative legali contro una infermiera che rispondendo alle domande si è permessa di domandare ai collegi maggiore trasparenza…i collegi obbediscono. Quindi a verificare se esistono ragioni contro di lei per adottare dei provvedimenti disciplinari…. il collegio di pertinenza … ob torto collo obbedisce e convoca.

Prende così forma un linciaggio morale orchestrato da una infermiera presidente dei collegi e senatrice del Pd che, con i soldi sicuri degli infermieri, vuole bruciare in piazza un’altra infermiera, colpevole solo di aver espresso una opinione critica sul suo operato. L’infermiera spaventata scrive una lettera aperta per spiegare le sue ragioni e chiede dei chiarimenti …ma l’infermiera presidente e senatrice del Pd non risponde e con un’altra “circolare” spiega ai collegi che le accuse nei suoi confronti sono infondate…e i collegi tacciono.

Questa idea malata di governare il mondo con gli “imperativi burocratici” mi impressiona, come pure questa figura di “signora delle circolari” che mi ricorda la strega cattiva che perseguita la povera Biancaneve. Mi impressiona al punto che vorrei informare di quel che accade tanto il Presidente del Consiglio che il segretario nazionale del Pd , e avanzare una proposta. Siamo di fronte ad un grosso problema, nel caso dei collegi infermieristici: gli “enti pubblici non economici” sembrano avere acquisito tutti i caratteri degli “enti privati economici” con una forte impronta autoritaria. Se così fosse, come io temo, si capirebbe la grande disillusione della stragrande maggioranza degli infermieri e la loro avversione contro questo sistema oppressivo. Essi sono come in trappola e da questa trappola bisogna liberarli perché ne hanno diritto. Non si tratta di rottamare niente ma di abolire quella vecchia tassa medioevale sulla servitù degli infermieri affermando che l’iscrizione ai collegi è semplicemente libera e volontaria.