«Abbiamo arrestato una persona». Il colpo di scena va in onda a Bangkok ieri pomeriggio. È il vice capo della polizia nazionale, generale Chaktip Chaijinda, che fa l’annuncio alla radio. «Abbiamo trovato componenti di materiale per fabbricare bombe nel suo appartamento – dice in diretta – e sono fiducioso del fatto che sia probabilmente coinvolto nell’attentato».
Un colpo al cerchio, dunque, ma uno anche alla botte della prudenza, in linea con la condotta cauta che polizia, esercito e governo hanno finora tenuto. Non di meno, è questione di poche ore, la faccia del mostro è già in prima pagina anche se è solo un sospettato e anche se non sembra sia lo stesso uomo che le telecamere a circuito chiuso hanno ripreso quel 17 agosto, quando un uomo in t-shirt gialla lascia in un tempietto della capitale una borsa piena di esplosivo che fa strage (i fotogrammi dell’episodio si possono vedere sul sito della Bbc).
Per ora dunque c’è soltanto uno «straniero» che, nelle immagini diffuse, porta una t-shirt gialla come quella dello stragista. Arrestato nei sobborghi della capitale, avrebbe un passaporto turco contraffatto e sarebbe forse di lingua turca. Non è l’unico sospetto ma per adesso è l’unico in stato di arresto. La polizia cerca almeno una decina di persone e ha chiesto aiuto all’Interpol anche se Bangkok si è sempre affrettata a escludere un complotto internazionale.
Le piste sono tante: musulmani del Sud – sempre in rotta di collisione col governo della maggioranza buddista – o gli uiguri dello Xinjiang cinese, che i secessionisti chiamano Turkestan. Il mese scorso Bangkok ne ha espulsi un centinaio che erano entrati illegalmente e rispedirli in Cina non è un atto che è stato apprezzato da chi viene perseguitato da Pechino. Ma nessuna pista ha portato a un risultato anche se adesso – se è vero che il sospettato è tra i colpevoli – i tasselli cominciano a segnare i margini di un puzzle complicato. Quel che è certo è che il regime ha voluto subito escludere un colpo di mano degli oppositori, cacciati dal golpe un anno fa e che fanno capo alla famiglia dei due ex premier Shinawatra (fratello e sorella).
La tesi sempre ribadita è quella di un attentato all’economia del Paese che ha nel turismo una delle voci più importanti (circa 20 milioni di ingressi l’anno) ma per il resto, anche grazie a un’informazione tenuta rigidamente sotto controllo, nessuna indicazione particolare.
Nel Paese dov’è tornato il pugno di ferro dei militari (300mila soldati, 200mila riservisti e una spesa per la Difesa all’1,6% del Pil) è meglio commentare poco. Per adesso bisogna accontentarsi del primo apparente successo.
Il golpe militare è del maggio scorso quando, dopo che la Corte costituzionale ha dichiarato non valide le elezioni, col consenso della corona, il generale Prayuth Chan-ocha diventa premier e mette mano a una nuova Costituzione, presentata nei giorni scorsi. In marzo la legge marziale viene sospesa e in maggio si prefigura per il 2016 un referendum sulla nuova Carta. Il 17 agosto la bomba a Bangkok che uccide venti persone.