137 morti ufficiali. Con questo triste bilancio si apre la presidenza della repubblica di Mohamed Bazoum in Niger. Nell’ultima settimana, infatti, l’area delle “tre frontiere” (Niger, Burkina Faso e Mali) è diventata nuovamente oggetto di violenze da parte dei miliziani jihadisti.

ALMENO 40 PERSONE sono morte domenica dopo una serie di attacchi nella regione occidentale di Tahoua, poche ore dopo la convalida definitiva da parte della Corte costituzionale dell’elezione di Bazoum come nuovo presidente. Secondo Actu Niger gli aggressori avrebbero preso di mira «numerosi villaggi al confine con il Mali, in una zona dove normalmente operano i terroristi dello Stato Islamico nel Grande Sahara (Eigs)».

Il presidente uscente, Mahamadou Issoufou, ha definito l’attacco «barbaro» e ha garantito che il governo centrale «sta facendo di tutto per garantire che questi crimini non rimangano impuniti», inviando un nuovo contingente di oltre 500 militari nigerini.

La strage a Tahoua arriva una settimana dopo gli attacchi dello scorso lunedì con almeno 60 civili barbaramente uccisi nella località Banibangou di Tillabery, dopo che i miliziani hanno attaccato un convoglio di persone che rientravano dal mercato locale. Sempre nel distretto di Tillabery, lo scorso 2 gennaio, 100 persone sono state uccise in attacchi a due villaggi del comune di Mangaïzé, nel periodo di transizione tra il primo e il secondo turno delle presidenziali.

SITUAZIONE DIFFICILE anche sul versante maliano, dopo che, lo scorso giovedì, le autorità di Bamako hanno confermato «la morte di 33 militari e il ferimento di altri 14 soldati delle Fama (Forze armate maliane) ad Ansongo», nel più letale attacco del 2021 attribuito ai jihadisti contro le forze maliane.

In questi ultimi mesi, nella zona dei “3 confini” il Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Jnim), affiliato ad Al-Qaeda, e lo Stato Islamico del Gran Sahara (Eigs) hanno rafforzato la loro presenza, lanciando frequenti attacchi e rendendo ingovernabili ampie zone, con l’obiettivo dichiarato di «delegittimare i governi centrali di Niamey e Bamako».

UN CHIARO MESSAGGIO al neo-presidente, eletto lo scorso 21 febbraio nel secondo turno delle presidenziali, dopo che, durante la campagna elettorale, Bazoum aveva confermato l’impegno del governo nel «combattere l’ascesa jihadista nel paese e l’insicurezza per la popolazione» vista come una delle maggiori sfide per il Niger – paese saheliano tra i più poveri del mondo- che deve combattere anche gli islamisti del gruppo nigeriano Boko Haram nella regione di Diffa a sud-est.

Gli attacchi di questi giorni sono anche una risposta delle formazioni jihadiste alla visita della scorsa settimana del rappresentante dell’Ue per il Sahel, Angel Losada, e del segretario della coalizione del G5-Sahel (Mauritania, Mali, Burkina, Niger, Ciad), Maman Sidikou, alla base militare della missione francese Barkhane – che vede impegnati oltre 5mila militari di Parigi – a Niamey.

Una visita che aveva lo scopo di verificare «l’effettiva operatività della missione congiunta», in previsione dell’invio dei nuovi contingenti militari della forza a mandato europeo “Takuba”, che prevede l’invio di 200 militari italiani dal prossimo mese.

Un contingente di 1.200 soldati dell’esercito ciadiano, ritenuto il più esperto della regione, sarà schierato dalla prossima settimana nella zona, come concordato nel recente vertice di N’djamena, proprio per «garantire maggiore protezione alla popolazione civile».