Una ricostruzione in tre dimensioni, portata in aula dal consulente di parte civile Fabrizio D’Errico, dimostra che nel disastro ferroviario di Viereggio del 29 giugno 2009 lo squarcio della cisterna carica di gas propano liquido fu provocato da un picchetto segnacurve. Non da un pezzo dello scambio “a zampa di lepre”, così come asseriscono i difensori dei dirigenti del gruppo Fs imputati al processo, in primis l’ex amministratore delegato Mauro Moretti, e gli stessi periti del gip impegnati in un incidente probatorio prima dell’apertura uffficiale del processo.
La lunga deposizione di D’Errico, ingegnere del Politecnico di Milano e consulente delle parti civili, comprese la Provincia di Lucca e la Croce Verde di Viareggio, getta un vero e proprio masso nello stagno del processo. Perché la ricostruzione scientifica di D’Errico mette in discussione la relazione dei periti del gip Silvestri. Mentre al contrario dà ragione all’ipotesi d’accusa della procura di Lucca, riguardo cosa abbia provocato lo squarcio della cisterna. “Le striature sullo squarcio – osserva il consulente – ci permettono di leggere il moto tra i due oggetti antagonisti”. In altre parole fra il metallo della cisterna, e l’oggetto che l’ha squarciato. “Non solo si riesce a ricostruire con precisione l’angolo di uscita attraverso la direzione delle rigature sul mantello. Ma si fa la stessa cosa sull’imboccatura, cosa che i periti del giudice delle indagini preliminari non hanno fatto”.
Aiutato dalla ricostruzione tridimensionale basata sul lavoro della Polfer e della polizia scientifica, l’ingegner D’Errico arriva a delle conclusioni che sono uno choc per le difese. Ma al tempo stesso appaiono inoppugnabili: “La cisterna sul picchetto arriva a 10,43 gradi, e non a 5 gradi”. Compatibilmente dunque all’angolazione dello squarcio. Al contrario, se la rottura fosse stata provocata dallo scambio a zampa di lepre, la posizione finale della cisterna sarebbe stata ben diversa da quella dove è finita dopo il deragliamento del treno.
Anche i consulenti tecnici di difesa per il gruppo Ferrovie dello Stato sono docenti del Politecnico di Milano. Ma le loro osservazioni, riportate in aula dall’avvocato Gaetano Scalise, non sembrano trovare il conforto della ricostruzione tridimensionale del deragliamento. Anzi, il presidente del collegio giudicante Gerardo Boragine interviene a più riprese per considerare inammissibili alcune domande del difensore. La corte, per forza di cose, intende fare la massima chiarezza sull’elemento che ha squarciato la cisterna. E’ il cuore del processo, e della battaglia civile portata avanti dai familiari delle 32 vittime della strage ferroviaria.