La strage a Checkpoint Charlie o Alexanderplatz. E’ l’«attentato» di Daesh contro la Germania sventato ieri mattina da polizia e controspionaggio tedesco.

Tre sospetti terroristi arrestati nel blitz dei reparti speciali tra Berlino, Nord-Reno Vestfalia e Bassa Sassonia; altri due jihadisti ricercati, mentre appartamenti di estremisti sunniti sono stati passati al setaccio in tutto il Paese.

Come se non bastasse dietro alla presunta «cellula» Isis spunta anche un rifugiato accolto in Germania nell’autunno 2015.

Così, la Bundesrepublik ripiomba nell’incubo terrorismo e registra il terzo tentativo di attacco dello Stato islamico dall’inizio della guerra di Siria. Dopo la «bomba» allo stadio di Hannover a novembre 2015 (mai trovata) e il mancato «attentato suicida» in due stazioni a Monaco lo scorso gennaio, la strage nel luogo più affollato di Berlino dove i passanti sono oltre 10mila all’ora.

Sarebbe questo l’obiettivo di due algerini di 35 e 49 anni e di altrettanti complici, riassume Berliner Zeitung; «un’azione di stampo eversivo» aggiunge la Procura di Berlino che non conferma né smentisce le indiscrezioni sull’imminente minaccia.

Racconta più e meglio l’immediata blindatura del quartiere governativo: dal palazzo presidenziale alla cancelleria di Angela Merkel, dal Parlamento ai ministeri chiave, oltre all’area turistica che gravita nell’orbita di Charlie e Alexanderplatz

Ma l’epicentro dell’operazione è stato registrato tre chilometri più a Sud, nel quartiere “turco” di Kreuzberg e a Tempelhof nella zona del vecchio aeroporto. Qui gli agenti del Sek, i reparti speciali, hanno arrestato uno dei presunti attentatori mentre la polizia federale ha perquisito gli appartamenti utilizzati dal gruppo jihadista, al pari di un chiosco e di una panetteria interna alla stazione di Alexanderplatz. Un altro sospettato è stato fermato invece ad Attendorf, Nord Reno-Vestfalia, nel centro rifugiati doveva viveva con la moglie. Era tra gli «islamisti» ricercati dalla polizia algerina e nell’elenco di chi si è addestrato con le armi in Siria. Il terzo “complice” sarebbe stato bloccato in un’altra zona del Paese

L’indagine sull’«avanzato stato di preparazione» della strage è partita dall’Ufficio per la protezione della Costituzione (BfV). Da settimane il controspionaggio ha serrato i controlli sugli ambienti estremisti soprattutto ad Hannover dove è stato individuato il primo sospetto. Nel mirino del BfV, 446 sunniti inseriti nella lista dei potenziali terroristi e 780 foreign fighter che hanno lasciato la Germania per combattere in Siria e Iraq. Un terzo di loro è già rientrato nella Repubblica federale, ammettono gli esperti dell’intelligence.

«Abbiamo le nostre buone ragioni per essere vigili e prudenti» tiene a precisare Frank Henkel, delegato agli interni nel Senato di Berlino, che si trova a fronteggiare l’emergenza terrorismo quanto il rimbalzo delle agenzie con i link più inquietanti. Dietro al piano contro i due simboli della capitale si staglia il profilo delle menti degli attentati di Parigi, e oltre gli algerini arrestati ci sarebbe lo stesso filo nero che conduce al germinaio belga di Molenbeek e alla “via dei Balcani”. Di sicuro, per adesso, solo che non è stata ritrovata alcuna arma né materiale compatibile con la preparazione di ordigni. E che nel quartier generale dell’Antiterrorismo a Berlino 450 agenti continuano a “smontare” computer, palmari, telefoni cellulari insieme ai documenti cartacei ritrovati negli alloggi alla ricerca di prove su «possibili piani di attacco contro la Germania» spiega il portavoce degli inquirenti .