«Spero che non ci siano morti perché peseranno tutti sulla mia coscienza». Così ha farfugliato il macchinista subito dopo essere stato estratto dal groviglio di lamiere. Una speranza quasi commovente per quanto tragicamente lontana dalla realtà. Sono infatti 80 i morti (forse un italiano) e 130 i feriti della strage di Santiago, la più grave tragedia ferroviaria spagnola degli ultimi 40 anni. L’incidente è avvenuto nei pressi della città galiziana di Santiago de Compostela sulla linea ad alta velocità che unisce Madrid a Ferrol. L’impatto, agghiacciante, è stato ripreso dalle telecamere di sicurezza della linea ferroviaria: il convoglio che tira dritto in corrispondenza di una curva pronunciata dei binari e finisce contro il muro di recinzione; i vagoni che si fanno un cartoccio, mentre la locomotiva scivola lungo la via ferrata, risparmiando la vita al macchinista (52 anni, più di dieci di esperienza alla guida) chiamato oggi a testimoniare come imputato nel processo che dovrà accertare la dinamica dell’accaduto. La causa diretta, a quanto emerge dalle prime ricostruzioni, sarebbe l’elevata velocità: il treno avrebbe affrontato la curva a 190 Km/h (lo dice via radio lo stesso macchinista alcuni istanti prima del deragliamento) in un punto in cui il limite è di 80. Resta da chiarire la ragione per cui il macchinista non ha rallentato, e al momento non si esclude nemmeno la possibiltà di un guasto tecnico. Molte risposte arriveranno comunque dall’analisi della scatola nera, già nelle mani degli inquirenti.
Quello di mercoledì è il primo incidente mortale che si verifica sulla rete spagnola dell’alta velocità. Un’infrastruttura che è il fiore all’occhiello del sistema di trasporti iberico e in cui sia l’attuale, sia i precedenti governi hanno speso miliardi di euro. Senza – sembrerebbe – investire sufficientemente sulla sicurezza: sul treno era infatti installato un sistema di assistenza alla guida denominato Asfa (Avvsio automatico di segnali e frenata), che analizza i dati di crociera e trasmette al macchinista indicazioni di guida solo in corrispondenza di determinati punti del tragitto. Un sistema diffuso ma meno sofisticato rispetto al più moderno Ermts (European Rail Traffic Management System), che invece manda informazioni durante tutto il percorso e frena automaticamente in caso di necessità.
La collisione è avvenuta inoltre in un punto particolarmente critico della linea, dove i convogli devono passare dai binari rettilinei riservati all’alta velocità al binario ordinario, riducendo la velocità da 200 a 80 km/h in uno spazio minimo. Non è l’unico punto in cui avviene questo passaggio, ma quello del deragliamento è un tratto particolarmente delicato, come peraltro nessuno ignorava: già il giorno dell’inaugurazione della linea – il 10 di dicembre del 2011 – i passeggeri si lamentarono di un brusco sbandamento proprio in corrispondenza della curva fatale. Tutte circostanze che alimentano il dubbio che questa strage si sarebbe potute evitare e che preannunciano un processo lungo e tortuoso. Il precedente, d’altra parte, è ancora bruciante e risale al 2006, anno in cui il deragliamento di un convoglio della metrò di Valencia – in cui pure furono determinanti scelte al risparmio e falle nei sistemi di sicurezza – costò la vita a 46 persone, portando ad un controverso processo viziato da manominssioni politiche, frettolsamente chiuso e solo recentemente recentemente riaperto.
Ipotesi e ricorsi a cui, nella notte di Santiago, di fronte al bagliore delle lamiere contorte illuminate delle fotoelettriche, nessuno pensa. Non i soccorritori, accorsi a centinaia tra pompieri, protezione civile, corpi speciali della polizia e abitanti del luogo, precipitatisi anch’essi in aiuto con acqua, coperte e altri generi di conforto; non, ovviamente, i parenti delle vittime che per tutta la notte di mercoledì hanno fatto una straziante spola tra l’obitorio e il punto del disastro, accaduto – strana beffa del destino – proprio alla vigilia dalla festa di Santiago, che ogni anno richiama in città turisti e galiziani sparsi per la Spagna. Ieri sera erano state identificate più della metà delle vittime; per alcune si dovrà attendere l’analisi del Dna.
Nella mattinata di ieri sono arrivati anche i politici: il presidente della Galizia Feijó (che ha disposto 7 giorni di lutto nella regione), il ministro dello Sviluppo (che ha competenza sui trasporti) Ana Pastor e il premier Mariano Rajoy, originario di Santiago (che ha dichiarato 3 giorni di lutto nazionale). Tutti hanno espresso il loro cordoglio, compreso presidente Rajoy, che ha affidato le sue prime parole di solidarietà ad una nota della presidenza del governo. Peccato che il taglia e incolla apparso sul sito della Moncloa fosse incresciosamente sbagliato: «le mie più sentite condoglianze alle vittime delle vittime del terremoto di Gansu».