Le bombe americane fanno strage a Kunduz, città settentrionale dell’Afghanistan. Ieri mattina, prima dell’alba, l’ospedale dell’organizzazione non governativa Medici senza frontiere (Msf) è stato ripetutamente colpito. Secondo l’ultimo aggiornamento fornito ieri pomeriggio da Msf, le vittime accertate sono 19. Dodici membri dello staff e 7 pazienti del reparto di terapia intensiva, tra cui 3 bambini. Dei 37 feriti, 5 dei quali in condizioni gravi, 19 fanno parte dello staff sanitario Msf. Tra i pazienti ricoverati, qualcuno sarebbe rimasto schiacciato, e bruciato vivo. The Guardian ha ricostruito parzialmente la biografia di alcune delle vittime dello staff Msf: Ehsan Osmani, 25 anni, tra qualche giorno avrebbe lasciato l’ospedale di Kunduz per un nuovo lavoro a Kabul; Zabihullah Pashtoonnyar, da tre mesi addetto alla sicurezza dell’ospedale, studente universitario; il dottor Akbar, 22 anni; il dottore Aminullah Salahzai, 31 anni, da cinque medico per Msf; Satar Zahir, da 3 anni medico a Kunduz. La parte probabilmente migliore della società locale spazzata via dalle bombe a stelle e strisce.

Kabul: c’erano talebani. Msf: no

Un portavoce delle forze Usa in Afghanistan, il colonnello Brian Tribus, ha ammesso che alle 2.15 locali di ieri mattina è stato compiuto un attacco aereo contro «individui che stavano minacciando le forze» americane. L’attacco, ha aggiunto, potrebbe aver causato «danni collaterali a una struttura medica nelle vicinanze». Ancora una volta, dunque, «effetti collaterali». Difficile stabilire l’esatta sequenza degli eventi. Dichiarazioni e smentite si accavallano e alternano, per scopi di propaganda. Secondo quanto dichiarato dal vice-ministro della Difesa afghano alla Bbc e da uno dei portavoce della polizia di Kunduz, Sayed Sarwar Hussaini, citato dal New York Times, alcuni militanti avrebbero circondato l’edificio, o vi sarebbero entrati, combattendo dall’interno e usando i civili come scudi umani. Una versione che non corrisponde alle dichiarazioni di alcuni membri dello staff Msf, secondo i quali non c’erano Talebani all’interno della struttura e i bombardamenti sarebbero iniziati senza preavviso, mentre si svolgevano attività sanitarie di ‘routine’.

Gli americani l’hanno fatta davvero grossa, ancora una volta. Non è da escludere che abbiano chiesto alla controparte afghana di provare a metterci una toppa. Ma il danno è enorme. In termini di vite umane e di immagine. E le dichiarazioni che provengono da Msf raccontano una storia diversa. Quella di un vero e proprio crimine di guerra.

L’Onu: attacco «criminale»

I vertici militari di Kabul e Washington conoscevano le coordinate Gps di tutte le strutture sanitarie di Msf, l’ultima comunicazione al riguardo risale al 29 settembre, hanno affermato esponenti dell’Ong, secondo i quali al momento del bombardamento nella struttura ci sarebbero stati 105 pazienti e 80 membri dello staff. L’attacco aereo sarebbero proseguito per più di 30 minuti dal momento in cui Msf ha lanciato l’allarme – ripetuto – alle autorità militari di Kabul e Washington. Di più: gli attacchi sarebbero stati multipli, dalle 2.08 alle 3.15, a intervalli di quindici minuti l’uno dall’altro. Per questo, Medici senza frontiere non vuole sentir parlare di «danni collaterali». Si tratta di «una violazione del diritto umanitario internazionale, la posizione dell’ospedale era conosciuta da tutti, nell’ospedale potevano entrare solo persone malate. Chiediamo un’inchiesta internazionale indipendente. Non possiamo accettare che questa terrificante perdita di vite umane possa essere archiviata come danni collaterali», ha sostenuto Meinie Nicolai, presidente Msf.

Anche l’organizzazione non governativa Human Rights Watch chiede un’inchiesta indipendente: «Considerato lo status protetto dell’ospedale e il gran numero di civili e di personale sanitario nella struttura» – recita un comunicato della sezione statunitense di Hrw – anche se ci fossero stati militanti all’interno dell’ospedale si tratterebbe di «un attacco sproporzionato, illegale». Il fatto stesso di non aver considerato con la dovuta attenzione i rischi per i civili «suggerisce fortemente» che le forze americane «possano aver violate le leggi di guerra». Altrettanto esplicita la posizione delle Nazioni Unite. L’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, ha definito l’attacco aereo «tragico, senza scusanti e potenzialmente perfino criminale».

Sembra pensarla diversamente Ash Carter, il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, che ieri ha reso pubblico un comunicato in cui esprime vicinanza a tutte le persone coinvolte e promette che sarà fatta piena luce su quello che definisce come un «tragico incidente». Di «tragico incidente» parla anche il comunicato dell’ambasciata Usa in Afghanistan.

Mentre i Talebani già soffiano sul fuoco del risentimento anti-americano. Lunedì la loro conquista di Kunduz, preparata accuratamente nei mesi scorsi. Giovedì la parziale riconquista da parte delle truppe governative, aiutate dalle forze internazionali. I giorni successivi altri scontri. Fino all’attacco aereo di ieri mattina. Che alimenta la propaganda dei barbuti, per i quali il bombardamento è «stato deliberato». La battaglia per Kunduz non è ancora conclusa.