Un orologio dei migranti – se ci fosse, magari piazzato su una torre o un luogo simbolo dell’Europa, con un display luminoso – segnerebbe in queste ore la milionesima persona sbarcata in Europa attraverso il Mediterraneo. Un siriano, probabilmente.

Secondo l’agenzia Onu per i rifugiati, l’Unhcr, nel rapporto che ha diffuso ieri – Giornata dedicata al migrante dalle Nazioni Unite – entro la fine dell’anno la cifra dei profughi che hanno cercato di attraversare il mare diretti verso le coste europee oltrepasseranno il milione. Un record.

I numeri sono freddi e non raccontano le traversie, gli abusi, le angosce durante la traversata, i morti e i dispersi che non si contano, come quelli ingoiati dalle onde dell’Egeo proprio ieri mattina. Quanti erano? Quanti bambini? Le informazioni raccolte dalle agenzie di stampa turche sono contraddittorie, confuse: due sbarchi, uno più vicino all’isola greca di Kos, un’altro più in alto mare, verso Farmakonissi, o forse è stato solo un barcone a naufragare, proveniente dalla costa turca di Bodrum. Otto morti, di cui cinque bambini oppure quattro morti, di cui tre bambini. Erano siriani, no, un corpo recuperato era iracheno. Gli altri, dispersi in mare. Difficile ricostruire.

Del resto anche i numeri dell’Unhcr sono parziali. L’agenzia conta solo le persone che ha preso in carico o registrato come richiedenti asilo, che a metà anno erano erano oltre 20 milioni nel mondo. Il resto sono proiezioni, stime. Di certo, le persone che fuggono dalle loro case in cerca di protezione internazionale sono in costante aumento negli ultimi quattro anni, dal 2011, ma nel 2015 questo popolo in marcia ha avuto un picco e raggiunto un record ventennale.

Le richieste di asilo nel primo semestre sono aumentate del 78% (993,600 mila a giugno) rispetto allo stesso periodo del 2014. Gli sfollati per guerra, persecuzione, violenza diffusa (leggi narcos), violazioni dei diritti umani a fine 2014 erano 59,5 milioni. Quest’anno raggiungeranno per la prima volta quota di 60 milioni. E forse più, visto l’Unhcr, includendo nei calcoli gli sfollati interni, contava già quasi 10 milioni di domande ai suoi uffici a metà anno. Di questa popolazione che fugge, i siriani rappresentano il moltiplicatore. Erano appena 20mila quelli che fuggivano dal regime di Assad nel 2010, ora sono 4,2 milioni. Se non si fossero aggiunti loro, ingrossando le fila dei profughi soprattutto a partire dal giugno scorso, l’aumento del flusso sarebbe del 5%, pari a mezzo milione di individui.

È vero che – leggendo il più recente rapporto dell’Ufficio europeo per il sostegno ai rifugiati, Easo – i siriani ricevano il sì alla richiesta di asilo al 98% alla prima domanda, mentre gli albanesi vengono respinti al 99% al primo giro. Com’è vero che i siriani hanno soppiantato gli afghani, rimasti capofila del popolo dei rifugiati per tre decenni. La Germania ne ha accolti 66 mila fino a giugno (41 mila l’anno precedente) tra i circa 160 mila che hanno fatto richiesta di asilo in territorio tedesco nel primo semestre 2015. Il paese di Frau Merkel non è entrato così neanche nella classifica dei paesi con più rifugiati, guidata dalla Turchia (1,8 milioni di asilanten), seguita dal Libano (1,2 milioni, ma record assoluto di densità, 209 ogni mille abitanti), Giordania, Iraq, Egitto.

Un siriano su cinque, in ogni caso, sceglie la Germania come seconda patria. La Russia è al secondo posto come paese d’elezione, con 100 mila domande, in stragrande maggioranza di ucraini dell’est. Terzo posto per gli Usa, con 78 mila domande di persone che scappano da Honduras, Salvador, Guatemala e Messico.

L’Italia risulta in calo nelle preferenze, fuori rotta, mentre aumenta di nove volte la scelta degli afghani verso l’Ungheria, paese xenofobo ma con ancora un alto livello di protezione per chi ottiene lo status di rifugiato. Afghani sono il gruppo più numeroso – secondo i dati Easo 2015 – di minori non accompagnati, seguiti dai siriani. Bambini senza genitori, aumentati otto volte da un anno all’altro (ora sono il 9% dei richiedenti asilo).

La destinazione più richiesta, o quella dove ci si ferma, è la Turchia, con un raddoppio delle preferenze dal 2013. Ieri a questo proposito è scoppiata una polemica tra il settimanale Der Spiegel e il presidente della Commissione Junker, accusato di aver fornito dati di un improvviso blocco del flusso dei profughi dopo gli accordi di Ankara. L’Unhcr lo smentirebbe: ai primi di dicembre ci sarebbe un balzo(+39%).