L’inizio dell’autunno è per Marco Piagentini la ‘fine del letargo’. Periodo che per lui coincide con l’estate e con le lunghe giornate piene di sole, assolutamente inconciliabile con la sua pelle. A più di dodici anni di distanza dalla strage di Viareggio la sua vita si sta ricostruendo di cose belle, senza che però le cicatrici smettano di far male, non solo fisicamente.

Marco Piagentini

L’ULTIMO DOLORE glielo ha provocato la sentenza della Corte di Cassazione a gennaio. La lettura delle motivazioni a sei mesi di distanza – quasi un record – sono state un’altra dura prova. «Cinquecentoottantaquattro pagine scritte in maniera secondo me volutamente contorta e molto più difficili rispetto alle altre sentenze con la vergogna dell’assoluzione per i reati contro la sicurezza del lavoro distinguendo “rischio lavorativo” dal “rischio ferroviario” con le Ferrovie trattate coi guanti bianchi che ne escono pulite come tutto il sistema che può dirsi salvo e continuare a operare tagliando manutenzione, controlli: vere cause del deragliamento che provocò quel rogo immondo con un treno che andava a 94 chilometri all’ora in una stazione in mezzo ad una città rispettando le norme fissate da Fs e Rfi», spiega Piagentini.

Dall’ultima sentenza parte una nuova rincorsa. Il nuovo processo d’appello per stabilire la nuova pena per i dirigenti di Ferrovie dello Stato, a partire da Mauro Moretti, il gran capo dell’epoca, che da colpevole riconosciuto in tutti i gradi della giustizia è ancora incredibilmente amministratore delegato di Psc, colosso del settore costruzioni elettriche italiano con affari in quasi tutto il mondo a grande partecipazione pubblica. «L’ho incrociato solo una volta nel processo di appello a Firenze, non mi suscita interesse umano – è la sentenza di Piagentini – forse la sua arroganza, la sua smania di potere: si è sentito uno che poteva fare tutto perché sapeva che c’è chi lo protegge, ha sempre avuto un atteggiamento sprezzante davanti a 32 vittime innocenti di cui tre bambini». Due erano i suoi, persi per sempre insieme alla moglie. «È per loro e per tutti quelli che non hanno avuto una seconda possibilità come me che ho avuto la forza di riprendermi dopo sei mesi in un letto di ospedale accudito come un bimbo di 6 mesi e che ora continuo a lottare per la verità e a girare le scuole con l’associazione “Il mondo che vorrei” per spiegare ai ragazzi che non bisogna mai essere indifferenti a ciò che accade e cerco nel mio piccolo di educarli alla responsabilità, concetto che ormai si è perso».

L’ex ad di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti

ANCHE PER MORETTI le motivazioni della Cassazione aprono ad una “seconda possibilità”, di tenore abissalmente opposto: avvalersi nuovamente della prescrizione sui reati rimasti, incendio colposo, lesione e disastro ferroviaria. «La Cassazione ora dice: tu non puoi rinunciare alla prescrizione per un reato per cui non è ancora scaduta il termine. Ma un giudice in appello glielo spiegò molto bene: “Se lei rinuncia alla prescrizione per incendio colposo e lesioni gravissime sa che le conseguenze ci saranno per tutti i gradi di giudizio?”. Ora viene tutto ribaltato ma sarebbe veramente scandaloso se Moretti cambiasse idea».

Marco lo spiega al circolo Arci Lippi di Firenze davanti ad una platea di macchinisti e ferrovieri che dal primo momento sono stati a fianco dei familiari delle vittime e di tutta Viareggio. Una platea attenta e appassionata che ha pagato di tasca letteralmente di tasca propria – con il rimborso delle spese legali imposto dalla sentenza della Cassazione che assolvendo gli imputati dai reati sulla sicurezza sul lavoro ha disconosciuto le parti civili sindacali – l’impegno per la verità e il sostegno tecnico e politico alla «battaglia di verità che portiamo avanti da 12 anni».

«GRAZIE A VOI SONO diventato un esperto di sicurezza ferroviaria, di temi tecnici così come delle scatole cinesi delle Fs. Dopo 12 anni di resistenza incredibile tutti assieme abbiamo conquistato brandelli di verità che dobbiamo difendere. Ora dobbiamo compiere l’ultimo passo: chiedere che il nuovo processo d’appello a Firenze sia convocato entro l’anno e evitare che diventi un mercato delle vacche grasse per ridurre le pene anche perché l’omicidio colposo è già prescitto».

Il nuovo processo di appello si terrà ancora a Firenze. I tempi dovrebbero essere brevi: il compito assegnato dalla Cassazione è semplicemente quello di stabilire l’ammontare della pena. Un calcolo con conseguenze decisive anche sulla sorte di Moretti. «La Cassazione ha specificato che il riconteggio vale anche per i reati già valutati e dunque potrebbe arrivare a 7 anni. La discriminante è superare i 4 o 5 anni di pena: in quel caso per Moretti le porte del carcere si apriranno», spiega Piagentini da «persona che da utente della giustizia ha dovuto studiare queste cose».

UN’ULTIMA CARTA comunque ci sarà: «Stiamo valutando di appellarci alla Corte di giustizia europea per il mancato riconoscimento dei reati sulla sicurezza sul lavoro: un passaggio difficile e costoso che valuteremo dopo la sentenza definitiva, visto che diamo per scontato che Moretti e compagnia andranno di nuovo in Cassazione».

Domani intanto Piagentini, e “Il Mondo che vorrei” saranno alle 11 in piazza a Roma davanti a Montecitorio per la giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri industriali e ambientali a partire dal Vajont: «Assieme a giuristi come Guariniello e Casson chiederemo più giustizia per le troppe stragi che hanno colpito il nostro paese».