Dopo il rinvio a giudizio dell’altro ieri di Gilberto Cavallini, l’ex Nar, per concorso nella strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, accusato di aver partecipato alla preparazione dell’eccidio, nell’udienza di ieri davanti al Gip, la Procura generale di Bologna ha deciso di avocare a sé il fascicolo d’indagine sui mandanti. Di fatto la riapertura di un nuovo filone d’inchiesta per individuare coloro che progettarono e finanziarono la collocazione nella sala d’aspetto di seconda classe di un potentissimo ordigno, miscelando tritolo e T4, un esplosivo con elevato potere frantumante, utilizzato dall’esercito americano durante il secondo conflitto mondiale, che causò 85 morti e 200 feriti tra i passeggeri in partenza, in quel sabato, per le ferie estive. La sistemazione vicino al muro portante dell’edificio non era casuale. Si voleva avere la certezza della distruzione dell’intero stabile.

Con questa decisione assunta dalla Procura generale si aprirà concretamente la possibilità di due anni di indagini, uno più due proroghe di sei mesi l’una, per scoprire chi avesse attentato, attraverso la più efferata e sanguinosa strage nella storia repubblicana, alla tenuta delle istituzioni democratiche. Ciò rappresenta una indubbia vittoria dell’Associazione dei familiari delle vittime, che avevano nel luglio 2015 consegnato un approfondito lavoro di ricerca, riesaminando e incrociando fra loro diverse migliaia di pagine relative agli atti giudiziari dei tanti processi per fatti di strage e terrorismo dal 1974 in avanti. Da qui un dossier, che in primis ha portato, come detto, al rinvio a giudizio di Gilberto Cavallini come «quarto uomo» della strage, secondo quanto ricostruito, attivo nell’aver fornito supporti e nascondigli per la latitanza in Veneto di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, tutti e tre condannati in via definitiva, i primi due all’ergastolo, il terzo, minorenne all’epoca, a 30 anni. Ma soprattutto alla possibilità di identificare le strutture clandestine, i presunti mandanti e i complici della strage, presenti anche negli apparati di intelligence e militari dell’epoca. Nel marzo scorso la Procura di Bologna aveva chiesto l’archiviazione. Ora, dopo l’opposizione dei familiari delle vittime, la decisione della Procura generale che ha ritenuto fondati i motivi del ricorso.

La strage di Bologna, un dato da tenere sempre presente, fu da più parti segnalata come imminente. In una relazione dei servizi informativi del giugno precedente si parlò esplicitamente della «pericolosità del terrorismo di destra», in grado di «realizzare imprese terroristiche imprevedibili con alta potenzialità distruttiva e destabilizzante». Eppure nei confronti delle indagini, fin da subito, i vertici dei servizi segreti si attivarono per depistare, facendo pervenire agli inquirenti informazioni di difficile approfondimento per costringerli a ricerche estenuanti e sviare l’attenzione nei confronti dell’eversione di destra. La speranza è ora di riuscire finalmente, a più di 37 anni di distanza, a dare un volto a chi si nascose dietro ai Nar.