Angela Fresu, Luca Mauri, Sonia Burri, Francesco Cesare Diomede Fresa, Manuela Gallon, Kai Mader e Eckhardt Mader. Sono i nomi dei bimbi uccisi dalla bomba che alla stazione di Bologna, la mattina del 2 agosto 1980, fece 85 morti e 200 feriti. Piccole vite spezzate ricordate ieri con il lancio in aria di palloncini bianchi con i nomi dei bimbi. Una cerimonia semplice e partecipata, in attesa del 2 agosto.

Trentacinque anni dopo una ferita che resta aperta non solo per i parenti delle vittime e per i 200 che rimasero feriti e mutilati, ma per tutti coloro che in questi anni hanno chiesto, spesso inascoltati, verità e giustizia.

Per la valigetta con 23 chili di esplosivo che distrusse, alle 10.25 del 2 agosto di 35 anni fa, la sala d’aspetto di seconda classe della stazione sono stati condannati in tre. Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini. Tutti appartenenti ai Nuclei armati rivoluzionari, i Nar, formazione neofascista che insanguinò la fine degli anni 70 con bombe, agguati e omicidi. Ma se gli esecutori materiali sono stati trovati, così come sono stati individuati i depistatori, e tra loro Licio Gelli e due alti ufficiali del Sismi, il servizio segreto militare italiano, a mancare sono i nomi dei mandanti.

Ma l’associazione dei familiari delle vittime del 2 agosto, che da anni analizza e confronta le carte e gli atti giudiziari dei processi per terrorismo e strage in Italia, non demorde. «La recente sentenza per la strage di Piazza del Loggia è una svolta importante. I giudici di Brescia hanno svelato connessioni importanti che potrebbero aiutare ad arrivare ai mandanti della strage di Bologna», dice Paolo Bolognesi, senatore Pd e presidente dell’associazione.

Che aggiunge di aver consegnato in procura un dossier con «indicazioni e suggerimenti ben precisi, con nomi e reati». E ora chiede alla magistratura di continuare ad indagare.

In vista del 35 esimo anniversario, l’associazione ha anche lanciato una petizione per chiedere al governo di rispettare le promesse fatte negli ultimi anni: reale declassificazione delle carte sulle stragi da parte di ministeri e servizi segreti, introduzione nel codice penale del reato di depistaggio e risarcimento e indennizzo per le vittime.

Una petizione online indirizzata direttamente al presidente del Consiglio che fino ad ora ha raccolto quasi mille firme e visto l’adesione di Don Ciotti a nome dell’associazione Libera, Gino Strada e Salvatore Borsellino.

Ieri Bolognesi ha per l’ennesima volta ricordato le promesse fatte nel 2013 da Graziano Delrio, che annunciò l’imminente introduzione del reato di depistaggio, al momento fermo al Senato in attesa di approvazione. «L’introduzione del reato non può che essere vista con favore dal governo», diceva all’epoca l’attuale ministro alle infrastrutture.

Approvato alla Camera, dopo 300 giorni di attesa la discussione della proposta di legge è stata calendarizzata al Senato. Una piccola svolta arrivata solo dopo il lancio della petizione. «Bene. Attendiamo l’approvazione», commenta secco Bolognesi che sferza il governo parlando di «decadimento morale e istituzionale», e sulla desecretazione degli archivi, annunciata da Renzi nel 2014, parla di «bell’annuncio senza logica», perché «non si può chiedere di far luce a chi finora ha coperto».

Dolore per le vittime della strage, ma anche rabbia e delusione per le promesse rimaste tali. E’ questo il quadro che si troverà di fronte Claudio De Vincenti, sottosegretario alla presidenza del consiglio, oggi a Bologna per le celebrazioni del 2 agosto come rappresentante del governo. De Vincenti non sarà sul palco della piazza della stazione, ma parlerà in Comune, nel consueto incontro tra le istituzioni e i familiari delle vittime.

«A lui ho suggerito di non fare altre promesse vane», spiega Bolognesi. A parlare in piazza Medaglie d’Oro il sindaco di Bologna Merola, lo stesso Bolognesi e il presidente del Senato Pietro Grasso, che arriverà in treno. Al corteo che dal Comune porterà alla stazione sono attesi tanti familiari delle vittime – previsti oltre 200 arrivi da tutta Italia – i Gonfaloni dei Comuni, i tassisti che ricorderanno i loro colleghi morti nel piazzale di fronte alla stazione, il nodo sociale antifascista bolognese, e anche il parlamentare del M5S Alessandro Di Battista.

Poi c’è chi pensa alla trasmissione della memoria della strage, come la presidente del Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna Simonetta Saliera, perché «ogni amnesia nasconde una sommaria amnistia». E c’è chi sta proponendo su facebook di andare in piazza con un fazzoletto macchiato di rosso. Un modo per ricordare a tutti come il 2 agosto resti una ferita aperta, per Bologna e per tutta Italia.