Ci ha provato il ministro dell’ambiente Gianluca Galletti a giocare la carta della bolognesità e a dire che lui i familiari delle vittime del 2 agosto li conosce quasi uno a uno. Non è bastato. Ieri a Bologna la protesta contro il governo è stata plateale, e ha visto Galletti parlare a una sala del consiglio comunale mezza vuota.
«Questa è la giornata del ricordo, non delle polemiche, questo deve essere il momento di unirci», ha detto il ministro a una platea fatta quasi solo di rappresentanti delle istituzioni. Perché i familiari e i parenti delle vittime della bomba del 2 agosto 1980 se ne erano già andati, annunciandolo poco prima e sfilandogli lentamente davanti. «Siamo stati traditi da chi doveva stare al nostro fianco – ha poi tuonato in piazza il presidente dell’associazione, il deputato Pd Paolo Bolognesi – Gli impegni presi non sono stati mantenuti. Coloro che ricoprono incarichi di governo non sono stati all’altezza del loro ruolo». Dopo di lui il sindaco Merola: «Al nostro governo dico che non è onorevole prendere un impegno e non mantenerlo, è peggio che non prenderlo. Oggi non possiamo permetterci che le autorità abbiano torto troppo a lungo, è pericoloso per la nostra libertà e indebolisce la credibilità delle nostre istituzioni».

Dichiarazioni che raccontano della ferita che si è aperta ieri a Bologna dopo anni di promesse non mantenute da parte del governo. Non più solo la strage di 37 anni fa, quando una bomba neofascista fece 85 morti e più di 200 feriti. Per quel massacro sono stati condannati in tre (i terroristi neri Fioravanti, Mambro e Ciavardini.), mentre per un quarto (Gilberto Cavallini) è stato chiesto il rinvio a giudizio. A pesare è però la decisione della procura di chiedere l’archiviazione per l’inchiesta sui mandanti. Poi c’è la questione delle legge del 2004 che garantirebbe indennizzi e pensioni ai colpiti dalla strage, e che non è stata mai pienamente applicata nonostante le tante rassicurazioni. Infine c’è la direttiva Renzi sulla desecretazione, firmata nel 2014 per garantire «trasparenza e apertura» e mettere così a disposizione del pubblico gli atti relativi alle stragi, da Ustica, all’Italicus, alla Stazione di Bologna. Le cose sono andate diversamente.

L’associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica (morirono in 81) ha scritto a Renzi ricordando che, dalla firma della direttiva, sono spariti interi archivi e nessuno sta muovendo un dito. Bolognesi ha invece raccontato uno dei tanti incontri a Roma tra le associazioni e i funzionari che dovrebbero garantire l’applicazione della desecretazione. «Abbiamo chiesto l’elenco degli appartamenti ai Nuclei di difesa dello Stato, la cosiddetta “Gladio Nera”. Ci hanno risposto che c’erano problemi con la privacy». Un racconto grottesco, e infatti lo stesso Bolognesi ha parlato di «presa per i fondelli». Ieri però in piazza le sue parole sono state pesanti. Ha criticato la procura che vuole archiviare l’inchiesta sui mandanti senza, a suo dire, avere indagato a sufficienza, ha picchiato duro sul governo che non fa quel che promette, ha detto che l’Italia non sarà un paese libero finché sarà «occultata la storia eversiva del paese, archiviata, censurato o chiusa nei cassetti degli apparati». «I familiari delle vittime – ha ricordato – non si accontentano delle sentenze sugli esecutori». In piazza si è parlato della P2, dei depistaggi e dei funzionari dello Stato «che non hanno mai parlato». «Diremo ai pm dove indagare, c’è molto da capire prima di archiviare», ha concluso Bolognesi.

«La protesta contro il governo è una lacerazione che fa male – ha commentato il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini – da subito lavoreremo per ricucire lo strappo». Hanno dato solidarietà ai familiari i presidenti di Senato e Camera, il Presidente della Repubblica Mattarella e anche Jean-Claude Juncker a nome della Commissione europea. A prendere posizione anche il M5s, che sul blog di Grillo ha ricordato gli autori delle promesse mancante: Delrio, Poletti, e infine il sottosegretario De Vincenti. «Il ministro Galletti è andato a Bologna a nome di un governo di mentitori ed ipocriti», hanno scritto Luigi Di Maio e Massimo Bugani.