A beffare e rubare la scena al governo di Goodluck Jonathan e alle élite economico-finanziarie locali impegnate ad accogliere la prima volta in Africa occidentale del World Economic Forum, è ancora una volta Boko Haram: il gruppo islamista che almeno a partire dal 2009 tiene in pugno le classi dirigenti nigeriane.
Così, il Davos d’Africa – come è stata ribattezzata per l’occasione la manifestazione di respiro internazionale (tra gli ospiti anche il premier cinese Li Keqiang) – invece di essere una vetrina affaristica per gli investimenti nel Paese e ufficializzare il riconoscimento della crescente importanza economica e politica della Nigeria nel continente africano, si sta rivelando un riflettore disinibito delle fragilità politiche e militari dell’odierna amministrazione.
Trecento morti in 12 ore. La furia squadrista di Boko Haram si è scatenata questa volta al confine della Nigeria con il Camerun, nella città di Gamboru Ngala che è la sede amministrativa del Ngala Local Government Area dello stato del Borno (200 km dalla capitale Maiduguri). Sono arrivati lunedì prima dell’alba a bordo di pick-up e mezzi blindati, armati di fucili d’assalto, molotov e lanciagranate a razzo, dopo aver fatto fuoco nell’affollato mercato locale aperto in quelle ore, quando le temperature, come in ogni regione semidesertica, sono più basse.
A Gamboru invece la gente dormiva. Hanno dato alle fiamme case, negozi e veicoli, freddando e tagliando la gola a chi tentava di fuggire. Centinaia i corpi lasciati sul terreno e altrettanti i feriti, raccontano i sopravvissuti ai giornali locali. A confermare la strage è il senatore federale Ahmed Zannah: «Circa 300 persone sono morte. Quasi tutte le case sono state distrutte dal lancio di esplosivi».
In precedenza, gli islamisti avevano fatto irruzione a Warabe e Wala – nel Chibok Local Government Area – e rapito altre 11 ragazze di età compresa tra i 12 e i 15 anni che si vanno ad aggiungere alle oltre 200 adolescenti sequestrate il 14 aprile scorso. Per il cui ritrovamento la polizia nigeriana ha offerto una taglia di 50 milioni di naira (pari a circa 300 mila dollari) a chiunque fornirà informazioni utili. A provocare l’indignazione e la mobilitazione della comunità internazionale è stata la diffusione nei giorni scorsi del video in cui il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, minaccia di vendere le ragazze come schiave al mercato.
Ed è lo stesso Barack Obama, in un’intervista all’ Abc, a esprimersi su questi rapimenti che «possono essere l’evento che aiuta a mobilitare l’intera comunità internazionale a fare finalmente qualcosa contro questa organizzazione spaventosa che ha perpetrato un crimine così terribile».
Anche la Gran Bretagna ha offerto aiuto, con il ministro degli Esteri William Hague che però ieri su Sky News ha chiarito che sarebbe «difficile, perché questo è soprattutto un problema per la Nigeria». Mentre da Parigi François Hollande ha già autorizzato l’invio di agenti dei servizi di sicurezza, secondo quanto riportato dal ministro degli esteri francese Laurent Fabius.
L’Eliseo, con più di 4000 soldati attualmente dispiegati tra il Mali e la Repubblica Centrafricana, aveva già in passato espresso preoccupazioni che Boko Haram potesse diffondersi più a nord nel Sahel e ha tutto l’interesse a evitare un deterioramento delle condizioni di sicurezza in Nigeria. Martedì scorso da Ginevra era stato il portavoce dell’Onu Colville a mettere in guardia Boko Haram sul divieto assoluto che vige nel diritto internazionale contro la schiavitù e la schiavitù sessuale che «possono, in determinate circostanze, costituire crimini contro l’umanità».
Il World Economic Forum si è aperto così ieri ad Abuja, tra misure di sicurezza rafforzate, la minaccia pendente di Boko Haram, e le notizie del massacro.