Sarà lungo l’elenco degli indagati per i quasi 2.000 anziani morti nelle Rsa della Lombardia. Ieri ci sono state le prime iscrizioni al Pio Albergo Trivulzio di Milano, all’Istituto Don Gnocchi, alla Sacra Famiglia, alla Mombretto di Mediglia. Indagini sono in corso anche sulla Virgilio Ferrari nel quartiere Corvetto di Milano, sulla Anni Azzurri in zona Lambrate, su una casa famiglia nel quartiere Affori, sulla casa di riposo di Melegnano.

Solo la Procura di Milano ha già avviato indagini su dodici strutture, nei prossimi giorni le inchieste si allargheranno anche alle altre province lombarde.

Le indagini sono per epidemia colposa e, nel caso del Pio Albergo Trivulzio, anche omicidio colposo. Si tratta di atti dovuti seguiti alla presentazione di esposti in Procura o notizie di reato emerse da inchieste giornalistiche. A Milano le indagini sono guidate dai sostituti procuratori Mauro Clerici e Francesco De Tommasi del pool del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano.

La strage silenziosa si è consumata tra norme inadeguate rispetto alla gravità dell’emergenza in corso, silenzi, omissioni. «Sono a disposizione per qualsiasi chiarimento» ha detto il principale indagato, il direttore generale del Pio Albergo Trivulzio di Milano Giuseppe Calicchio, che dovrà rispondere di epidemia e omicidio colposo per le morti all’interno della storica «Baggina» milanese, circa 150 da marzo all’interno. Calicchio è stato sentito anche dagli ispettori del ministero della Salute a cui ha detto di aver rispettato tutte le procedure, i protocolli interni e le direttive della Regione Lombardia e del ministero.

48 anni, Giuseppe Calicchio era stato nominato direttore Generale del Trivulzio a gennaio 2019 in quota Lega dal presidente Fontana d’intesa con il sindaco di Milano Sala. La storica casa di riposo milanese è diventata un focolaio a marzo, i magistrati indagano sul divieto di portare mascherine che sarebbe stato imposto al personale per non spaventare ospiti e familiari e poi su quei reparti con più malati e morti dove sarebbero stati mischiati pazienti inviati dai pronto soccorso, pazienti non Covid e quelli del Trivulzio con sintomi. Un mix che avrebbe trasmesso il virus velocemente in tutta la struttura.

La direzione del Pio Albergo ha smesso di comunicare con i familiari, anche ieri in coda per il cambio biancheria. «Non sappiamo più nulla dei nostri cari lì dentro». Le strutture come il Trivuzio sono accreditate al sistema sanitario e la Regione avrebbe dovuto vigilare su quanto accadeva all’interno. L’assessore alla Sanità Gallera rivendica quanto fatto, anche non aver eseguito i tamponi. La Regione ha chiesto alle Rsa di prendere anziani dagli ospedali per liberare posti ma non ha fornito alle Rsa supporto e strumenti in più per l’assistenza.

Con i suoi 10.511 morti la Lombardia è la regione con più decessi al mondo. I decessi nelle Rsa sono quasi 2.000, il 20% del totale regionale. E queste sono le cifre ufficiali, i morti reali sono di più, in alcuni comuni anche tre/quattro volte quelli ufficiali. «La direzione si è nascosta dietro le ordinanze ma serviva qualcosa in più» dice Claudio Valfrè, operatore sociale alla Sacra Famiglia di Cesano Boscone che ospita nelle sue strutture circa mille pazienti e dove ci sono stati almeno 20 decessi e oltre 30 persone sono in isolamento.

Claudio è delegato per i Cobas e aveva chiesto misure straordinarie per la sicurezza di ospiti e lavoratori a fine febbraio. «Venivamo guardati come marziani quando chiedevamo le mascherine, sarebbe stato più onesto dirci che non ce n’erano. Ora ce ne danno una al giorno, ma sono mascherine che durano 3 ore. Ci hanno detto di metterle in un sacchettino e gestirle per tutto il giorno».

Per Claudio la direzione avrebbe dovuto fare qualcosa in più rispetto al solo rispetto delle norme, anche perché nel caso lombardo le norme sono parte del problema. «Questo rispetto delle ordinanze che loro sostengono di aver fatto non ha impedito l’entrata del virus. Ora vogliamo tamponi per tutti».

Vengono fatti solo ai sintomatici gravi invece perché così vuole la Regione. Una conferma che le scelte lombarde siano parte del problema arriva da un comune leghista dell’hinterland Milano, Cinisello Balsamo. Il sindaco Giacomo Ghilardi si è ritrovato a fare i conti le scelte del suo presidente Fontana e ha firmato insieme ai presidenti delle quattro Rsa presenti nel comune una lettera inviata alla Prefettura di Milano dove si parla di ritardi nell’approvvigionamento dei dispositivi di protezione come mascherine e guanti, dei pochissimi tamponi effettuati, della mancata condivisione di un protocollo per l’analisi degli stessi nei laboratori ospedalieri.

Alcune delle Rsa di Cinisello hanno ospitato anche pazienti Covid dimessi dagli ospedali come chiesto dall’assessore Gallera con la discussa delibera dell’8 marzo. Una conferma in più del fallimento della strategia lombarda sulle Rsa.