Dieci anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e disastro colposo: è la condanna chiesta ieri dal procuratore capo di Avellino, Rosario Cantelmo, per Giovanni Castellucci, ad di Autostrade per l’Italia, e altri undici dipendenti della società del gruppo Atlantia, controllato dalla famiglia Benetton. Sono imputati nel processo per la strage del bus in cui nel 2013 persero la vita 40 persone, precipitate dal viadotto Acqualonga dell’A16 Napoli-Canosa. Secondo la procura, gli esponenti di Autostrade sarebbero responsabili per la mancata manutenzione del viadotto, le cui barriere cedettero sotto l’impatto del bus, facendo precipitare il veicolo da 30 metri di altezza.

«CASTELLUCCI dovrebbe dimettersi. Il sistema delle concessioni va cambiato» il commento del vicepremier Luigi Di Maio, che poi è tornato ad attaccare la stampa: «I giornali che nascondono queste notizie fanno un pessimo servizio al paese. Se avessero fatto inchieste sullo stato delle autostrade italiane, anziché limitarsi a prendere i soldi per le pubblicità dai Benetton, oggi forse la situazione sarebbe migliore».

LE PERIZIE (contestate dai legali della società) hanno evidenziato la scarsa manutenzione delle barriere e dei tirafondi (i bulloni che bloccano i «New Jersey» alla sede stradale): se non fossero stati usurati, avrebbero «derubricato al rango di grave incidente stradale» quella che è diventata una strage. In quel tratto neve e ghiaccio sono frequenti, così il sale viene sparso con costanza: la pendenza fa sì che si depositi fino a corrodere i tirafondi. In base alle analisi, eseguite dall’università di Udine, i bulloni erano «sfaldati, rotti, si sbriciolavano tra le mani». I tecnici di Autostrade hanno sostenuto che il fenomeno era imprevedibile, secondo l’accusa era invece conosciuto. Cantelmo ha quindi accusato i vertici di Autostrade di «sciatteria» e «negligenza», sottolineando il preminente interesse al profitto di una società che «nonostante i lauti guadagni del pedaggio, non ha provveduto alla manutenzione delle barriere del viadotto», censurando anche la condotta difensiva degli imputati: «Hanno scelto il negazionismo: nel rimpallo di competenze e responsabilità, nessuno sapeva niente di Acqualonga».

IL CEDIMENTO delle barriere è considerato però una concausa dell’incidente, l’accusa ha puntato l’indice anche sulle cattive condizioni del bus: immatricolato nel 1985, con ben 800mila chilometri percorsi, e sottoposto a una revisione «truccata». Chiesti perciò 12 anni di reclusione per Gennaro Lametta, il titolare dell’agenzia proprietaria del mezzo, 9 e 6 anni per due dipendente della Motorizzazione di Napoli.

«Una richiesta di pena sconcertante, in contrasto con quanto emerso in dibattimento. All’ad si riferisce solo una irregolarità aministrativa nell’applicazione di una delibera del 2008. Pesa sicuramente la vicenda di Genova» il commento dell’avvocato di Autostrade per l’Italia, Giorgio Perroni. Secondo la difesa, «le barriere rispondevano ai più elevati standard internazionali, verificati nel 2015, all’interno di un progetto di riqualifica deciso su base volontaria da Autostrade per l’Italia, per il quale la società aveva messo a disposizione ben 138 milioni dei progettisti, che portarono avanti i piani in autonomia».

Una tesi che non convince il procuratore Cantelmo, che anzi ha aperto un nuovo filone d’indagine sulla concessionaria autostradale, l’inchiesta verte su almeno 850 chilometri di barriere «a basso potenziale di contenimento». Una dipendente di Autostrade per l’Italia, Concetta Testa, ha testimoniato nel processo in corso che questo tipo di barriere sono presenti su tutta la rete, per 1.977 chilometri, sostituiti solo 10 chilometri: «Lo 0,5%, che significa nulla».