Dopo il crollo del ponte Morandi di Genova e le ultime scosse di terremoto in Molise, il timore che l’«Autostrada dei Parchi» che collega Roma all’Adriatico, tra le più care d’Italia e senza una vera alternativa ferroviaria, si possa pure trasformare in una trappola mortale per le migliaia di persone che ogni giorno la percorrono, diventa sempre più diffuso e fondato.

Al punto che la vertenza aperta all’inizio dell’anno, allora da qualche decina di sindaci di Lazio e Abruzzo che protestavano contro il maxi rincaro del 12,89% sui pedaggi (già elevati) delle A24 e A25, si è allargata a trasformata.

Sono diventati ormai 92 i primi cittadini – a cui si sono aggiunte due comunità montane e la provincia de L’Aquila – che chiedono chiarezza e trasparenza sulla concessione statale attribuita nel 2009 alla società Strada dei Parchi Spa, del Gruppo Toto (in via di scadenza, ma la holding ne chiede il prolungamento), sui documenti accessori non pubblicati sul sito istituzionale e sulle successive integrazioni e modifiche. E soprattutto sullo stato dell’arte dei lavori di messa in sicurezza, finanziati con soldi pubblici, dei 176 viadotti e delle 51 gallerie che sono il punto debole dei circa 300 chilometri sui quali si sviluppano le due tratte autostradali, comunque non ancora adeguate alle norme antisismiche.

A capo della folta pattuglia di rappresentanti locali, una donna: la sindaca di Carsoli (Aq), l’avvocata Velia Nazzarro, che dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, incontrato finalmente il 30 luglio scorso, ha ottenuto solo tante promesse. E un no. La concessione è secretata, ha spiegato il ministro pentastellato, una volta paladino della trasparenza e nemico giurato della burocrazia, ripetendo sostanzialmente quanto già comunicato formalmente dal Mit nei mesi precedenti: «Questa amministrazione ha ritenuto opportuno formulare una richiesta di parere agli Uffici all’uopo preposti del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del consiglio dei ministri per un maggior chiarimento in termine di limiti all’accesso civico generalizzato».

E così, davanti all’ennesimo scaricabarile, i sindaci hanno dato mandato all’avvocato dell’Anci Lazio, Enrico Michetti, di presentare istanza di riesame contro il diniego, e hanno deciso che questa volta non si faranno convincere da false promesse: il 19 settembre saranno a Roma a protestare sotto i palazzi del nuovo potere giallo-verde che ha voltato loro le spalle. In molti infatti ricordano le rassicurazioni ricevute da alcuni senatori pentastellati durante la scorsa legislatura, mentre era aperta la trattativa con il ministro Delrio che per tre anni aveva bloccato i rincari dei pedaggi prima che il Tar desse ragione alla concessionaria. «Ora invece stiamo incontrando più difficoltà con il M5S che con altri», accusa qualche amministratore, rigorosamente off-record.

Uno dei piloni dei viadotti autostradali dell’A24/25

L’avvocata Nazzarro invece ci mette la faccia: «La prima richiesta di accesso agli atti la facemmo già al ministro Delrio, ma a marzo il Mit mi girò il diniego opposto dalla stessa società di Toto. Poi ne presentammo altre, chiedendo anche al ministero quali verifiche fossero state fatte sui lavori di adeguamento antisismico che la società concessionaria ha fatto eseguire ad altre imprese a chiamata diretta. Il Mit ha preso solo tempo e non ha risposto». Così, prosegue la sindaca di Carsoli, «indicemmo una manifestazione per il 27 giugno, ma la segreteria di Toninelli ci chiamò per fissare un incontro chiedendoci di annullare la data. Il 5 luglio però al Mit il ministro non c’era e venimmo ricevuti dal sottosegretario Dell’Orco che prese l’impegno di bloccare gli aumenti. Al successivo incontro, il 30 luglio, non c’era nessuno degli interlocutori precedenti, il ministro Toninelli ci ha ascoltato per cinque minuti e poi tutto è rimasto come prima».

Per capire quanto pesa sulle tasche dei cittadini laziali e abruzzesi questo tratto di autostrada, che non ha alternative perché la ferrovia Roma-Pescara corre su una sola rotaia e i treni impiegano quasi il triplo di quanto occorre in auto, basti pensare che il pedaggio fino all’Aquila, 111 km, costa 13 euro, mentre ce ne vogliono 14,20 per i 176 km della Roma-Arezzo. Non è l’autostrada più cara d’Italia: sull’arco alpino ci sono tratte perfino più costose, ma la Strada dei Parchi che attraversa l’Appennino dovrebbe essere considerata, sostengono i sindaci, di montagna solo nel suo tratto centrale, «con un dimezzamento delle tariffe». «E mentre si parla tanto di ri-nazionalizzazione della gestione, qui si sta facendo un regalo ai privati – conclude Nazzarro – E a pagare sono i cittadini».