A dieci anni dalla morte, Harold Pinter resta uno dei giganti della scrittura per la scena del 900. Per più di 50 anni ha rimesso mano e cuore alla trasformazione del linguaggio teatrale, che dopo di lui non ha più potuto essere lo stesso. Ha stretto e concentrato dentro le tre pareti del palcoscenico la complessità della vita del mondo, senza perdere mai consapevolezza (e partecipazione calorosa) della vita di quello stesso pianeta, a cominciare dal nesso indissolubile tra i conflitti dei singoli e quelli macro di classi e nazioni, come ha definito per sempre la motivazione del Nobel per la letteratura assegnatogli nel 2005. Pinter ha visto e frugato nei più diversi ambienti umani e sociali ingiustizie e infelicità, normalità e paradossi del vivere di ogni giorno, e di ogni notte.

Anche per tutte queste ragioni, è un’esperienza rara e felice lo spettacolo che Valerio Binasco ha presentato al Metastasio di Prato (coproduttore assieme allo stabile di Genova, dove ora è in scena), mettendo assieme quattro testi di diversa brevità, legati tra loro nell’ambientazione, in momenti impari e diversi, dentro i locali e i recessi di baretti e baracci, londinesi ma sempre rigorosamente «notturni», da cui il titolo Night bar. Tre attori in forma smagliante e sapiente attraversano i ruoli di quella umanità, geograficamente marginale, ma cuore compresso di una intera società, non solo britannica ovviamente. Nicola Pannelli, Sergio Romano e Arianna Scommegna sono le facce prismatiche di quel filo che unisce le quattro situazioni.

Quattro testi diversi della fine degli anni 50 e 60 (tranne Tess, mostrato da Pinter soltanto nel 2000) il più celebre dei quali è Il calapranzi. La coppia di due killer sbullonati che dal montacarichi delle vivande ricevono comandi, provviste, ordinazioni, incarichi e destino delle proprie vite, è un piccolo classico, presente nel pedigree di moltissimi attori, da Paolo Rossi a John Travolta (diretto da Altman). Binasco imprime ai due uomini sprofondati sotto quel bar una bella ricchezza emotiva, che è tanto comica quanto rende dolorante il finale.

Si ripulisce e sale di lucine il bar frequentato da Tess, creatura esuberante e pasticciona di cui Scommegna scopre il lato gradasso e quello malinconico. L’ultimo ad andarsene è il bicchiere dell’unico avventore rimasto mentre il bar chiude, che non si arrende a rinunciare all’ultimo sorso perché da quella protezione non vorrebbe mai uscire. Il gran finale è parte del titolo, Night. Una notte che è una vita intera di un uomo e una donna, una coppia navigata e svagata i cui ricordi non collimano mai, ma che attraverso quei brandelli di memoria, felice quanto contraddittoria, stringono una vita intera e il conflitto che la tiene unita.

Lo spettacolo si rivela un viaggio divertente e amaro, ricco e complesso, grazie alla notte, al tasso alcolico e qualche inserto musicale pop, tra sensi e sentimenti che tutti ci troviamo a frequentare. E che come certi sogni vorremmo chiudere con l’ultima saracinesca poco prima dell’alba.