Ritratti di donne al limite sono le protagoniste dei film di Sebastian Lelio regista cileno Orso d’argento per Gloria, Oscar come miglior film straniero per Una donna fantastica dove Marina supera confini di genere. In Disobedience mette due donne a confronto nel loro rapporto d’amore. Il loro limite è segnato dalle regole della comunità ebrea ortodossa londinese e per loro costruisce una interessante gabbia da scardinare. Il regista proveniente da un paese cattolico nel suo primo film nordamericano si mette alla prova nel confronto con un doppio confine, l’immersione nella complessità di regole e rituali dell’ortodossia ebraica e le problematiche di un rapporto lesbico, mettendo in atto una ibridazione di due generi quasi incompatibili, la love story e il documentario antropologico, vista la precisione e l’ampia rappresentazione di usi, costumi, rituali che mette in scena. Colpiscono soprattutto i recinti che riesce a costruire intorno ai personaggi, in cui tutti si trovano a dover fare i conti, a cominciare dalla più indipendente tra loro, Ronit (Rachel Weisz) la figlia del rabbino capo andata a vivere a New York e tornata a Londra solo per i funerali del padre, dove si trova a confrontarsi con il suo ruolo e i suoi affetti vietati dalla comunità che l’ha spinta ad andarsene lontano.

SI POTREBBE dire che il film è una riflessione sul comandamento «Onora il padre e la madre», ma non in modo così diretto della religione cattolica. Il film ci invita a riflettere più in profondità, anche se non si possiedono gli strumenti teologici adatti allo scopo. «Onora il padre e la madre», è scritto nell’Antico Testamento (Esodo), ma poi il comandamento prosegue: «affinché si prolunghino i tuoi giorni sulla terra che il signore ti dà», cioè la promessa di vivere in una società prospera nella propria patria, e in seguito nel (Deuteronomio) «affinché abbia bene sulla terra». Un comandamento che non a caso si trova vicino a «Non uccidere». Ronit la sua terra l’ha abbandonata e il suo allontanamento colpevole è accostato al funerale del padre «disonorato», un genitore mai più incontrato dopo la scandalosa scoperta del rapporto intimo tra le due amiche, un’offesa fatale.

E CI SAREBBE da aggiungere che mentre l’omosessualità maschile è considerata abominio, il lesbismo considerato una trasgressione è ammesso con atteggiamento maschilista «solo se è coinvolto un uomo che sia marito di entrambe». E infatti nel film entra in scena anche se in maniera defilata ma incombente e decisiva la figura di Dovid (Alessandro Nivola) pupillo del rabbino che ha sposato l’amata Esti (Rachel McAdams). In un mondo tutto maschile si fa strada la «disobbedienza», la volontà di trasgressione contro le regole rese ancora più stringenti dal lungo rituale funebre. Anche con atteggiamento laico si resterà coinvolti dal racconto e impigliati nella rete dei divieti, consuetudini, imposizioni morali, ribellioni, vero film d’azione dell’animo (e del corpo) umano.