Ci deve essere davvero qualcosa nell’aria o nel paesaggio (ma soprattutto nella memoria) di Monticchiello, paese fortificato nel cuore della Val d’Orcia, che permette agli abitanti, nella loro annuale rappresentazione attraverso il teatro, una spregiudicatezza e una immedesimazione davvero inusuali in tanta altra parte della provincia italiana. Dove festival e festivalini si accaniscono nella rincorsa feroce della modernità, o dei fenomeni di consumo più sostenuti dai mass media. A costo di spacciare per nuovo l’antico, o per «antisistema» il più vieto goliardismo di ritorno.

Qui, in questo angolo di terra senese, per tre settimane ormai da molti anni, gli abitanti raccontano una storia che nasce dalle loro vite, e ci ragionano, e pure ci ironizzano sopra, seguendo un pensiero, un punto di vista che trova modo di svilupparsi in coscienza. Partendo anche questa volta proprio dalla vita quotidiana ,e in particolare da quei riti e quelle organizzazioni in cui ogni tanto ciascuno di noi può inciampare. Come certe feste conviviali, anzi party, cui si viene invitati da entità misteriose che trovano il modo di impaniare gli ingenui dietro quella mascheratura da «buona società» per i loro fumosi interessi. Capita dappertutto, ma osservato da qui, seduti sulla piazza a fianco alla chiesa, quel rito sociale fasullo richiama subito l’ironia e la riflessione. È questo l’avvio di Valzer di mezzanotte (in scena ogni sera fino a ferragosto), condito da subito da invenzioni scoppiettanti (come i confetti bianchi, rossi e verdi da conservare come testimonianza e professione di fede) e di notazioni sociali malinconiche (tutti sono intenti a raschiare grattaevinci, ultima e labile speranza di potersi risollevare).

Ma come è da sempre nella tradizione del «teatro povero» di Monticchiello, il presente si rispecchia e si indaga nel passato dei suoi abitanti. E partendo dalla cascina ormai abbandonata che ospita la fasulla riunione conviviale, ripercorrono cronaca e motivi di un abbandono delle terre (e della propria identità) che si è consumato nella seconda metà del secolo scorso. Sempre con leggerezza, affettuosa ironia, e concreta saggezza. Sarà questa che li spinge a prendere in mano decisamente la propria condizione di banchettanti per finta, e il Valzer di Mezzanotte che intraprenderanno, se non proprio l’inizio di una «nuova vita», sarà almeno testimonianza di cammino di emancipazione, che la sassofonista in sala non manca di accompagnare.

Semplice e commovente, sobrio e incisivo, lo spettacolo annuale della gente di Monticchiello (sempre orchestrata con passione e lucidità da Andrea Cresti) si conferma un appuntamento da non mancare, per la possibilità non piccola che anche lo spettatore voglia iniziare prima o poi il proprio «valzer».