Molto rapidamente il riferimento al Decameron durante il periodo del confinamento è diventato inappropriato. Dopo pochi giorni di reclusione nessuno considerava di possedere in alcun modo le capacità dei dieci giovani che Boccaccio immagina fuggiti da Firenze per scampare alla peste: era già difficile mantenere la concentrazione il tempo necessario per la lettura di un intero quotidiano, sarebbe stato davvero inimmaginabile inventare delle storie o più precisamente cento novelle.

La casa editrice Neri Pozza non si è arresa, però, mettendo in contatto dieci tra autrici e scrittori. Come si legge nella prefazione alla raccolta L’allegra brigata (pp. 192, euro 18), i prescelti, rigorosamente da casa, attraverso il loro pc, si sono incontrati: «ogni giorno per dieci giorni di fila» raccontando «una storia per dilettarsi e confortarsi reciprocamente».

I racconti coincidono allora con dieci giornate, ma essendo a tema libero rimandano in qualche modo alla prima giornata del Decameron, quella in cui fa da regina Pampinea, l’unica in cui appunto non ci sono indicazioni precise sulla materia intorno alla quale deve vertere il racconto. In L’allegra brigata l’indicazione di massima è che i personaggi protagonisti stiano vivendo il lockdown imposto dal Covid19. Come nel Decameron, prima che la storia vera e propria cominci, troviamo un piccolo riassunto che introduce alla trama, mentre in opposizione al testo di Giovanni Boccaccio che vedeva tre ragazze e sette ragazzi come narratori, qui abbiamo tre autori e sette scrittrici: Novita Amadei, Roberto Cotroneo, Francesca Diotallevi, Olivier Guez, Eleonora Marangoni, Wanda Marasco, Giuseppe Munforte, Antonella Ossorio, Sandra Petrignani e Piera Ventre.

LA VARIETÀ è inevitabilmente la prima cifra di questo testo che avvicina la raffinatezza malinconica, psicologica e linguistica di Wanda Marasco in L’attesa alla simpatia a quella scanzonata ma ugualmente elegante di Sandra Petrignani, che ha scritto la novella della seconda giornata: Bocca baciata non perde ventura.

Ovviamente sono vari anche gli stati d’animo che caratterizzano i personaggi dei racconti, alle prese con esperienze di confinamento frustranti o invece gaudenti in modo inaspettato. Il nucleo tematico condiviso è il dilemma che ha messo in scacco molti, tra il sollievo e la tortura insiti nell’esperienza della solitudine come in quella della relazione.

In alcuni racconti, come Oltre la parete di Francesca Diotallevi, l’interruzione della routine che imponeva al protagonista una vita di trasferte lavorative lo costringe in un appartamento che prima del confinamento era per lui poco più di un deposito. A sostenerlo in quel frangente così anomalo e angoscioso l’esistenza di una parete, oltre la quale immaginare il prossimo.

In La droghiera bretone di Olivier Guez, invece, a emergere non è il bisogno ineludibile dell’altro, ma l’illusione di poter stare con tutti. A causa della pandemia Sandor e Maria Angela sono costretti a casa, nei loro rispettivi paesi e coi rispettivi coniugi. Per lui, violinista, è troppo difficile rinunciare in un sol colpo ai fianchi della sua amante e ai concerti nei più bei teatri del mondo e pensa allora di potersi consolare con la droghiera bretone. A disilluderlo sarà una beffa del destino, proprio come accade spesso nelle novelle della sesta giornata del capolavoro di Boccaccio. A concludere questo esperimento ben riuscito, la cornice Boccaccio-Sade-Artaud-Pasolini, scritta da Emanuele Trevi.

A partire da una evidente padronanza dei temi e dei testi di cui scrive, Trevi ci ricorda quanto la trasmissione di una storia sia una forma suprema e violenta di contaminazione: «in quanti hanno pensato all’atto stesso del raccontare una storia come alla più irreparabile delle violenze, al più pernicioso dei contagi, al più micidiale dei veleni? Non si è forse affermata un’idea del tutto opposta, ovvero che le storie sono la nostra salvezza e la nostra libertà?».

TREVI PRECISA che la fuga dei giovani del Decameron dalla peste del 1348 se li aveva preservati dal contagio non li aveva salvati. Il terrore e un’intimità estrema con la morte causata dall’assenza di riti funebri li avevano già toccati irrimediabilmente. E aggiunge: «sia il Decameron che I racconti di Canterbury di Chaucer che Le mille e una notte sono esempi proverbiali di racconti scambiati all’interno di una “cornice” narrativa e che vanno sempre immaginati come uno scambio, una seduzione, un contagio».

I narratori di L’allegra brigata, allora, ugualmente non sono salvi e non lo è chi li ascolta, se è vero, come suggerisce Trevi, che nessun racconto, tanto meno quello dei sopravvissuti, lascia indenni.