Sono ormai quasi vent’anni che il lavoro sulla memoria si è affermato in tutto il sudamerica dove le dittature hanno fatto milioni di desaparecidos: Guzman per tutti ha raccontato nel suo La memoria dell’acqua dove un bottone di madreperla trovato nell’oceano testimoniava per tutti e Nostalgia de la Luz che percorreva il deserto di Atacama. Eppure quel processo iniziato con una lunga fase di amnesia ora possiamo allargarlo a tante altre situazioni nel mondo, tanto che perfino un regista iraniano, Alireza Khatami ha realizzato l’unico film cileno alla Mostra e trovato nel deserto di Atacama la location più adatta per ambientare il suo esordio Los Versos del olvido (i versi dell’oblio) presentato con grande successo nella sezione Orizzonti. Una felice connessione produttiva ha permesso di rendere universale il soggetto e come legato agli antichi romanzi epici il bisogno di dare degna sepoltura e un nome alle vittime dei regimi.

In Cile Khatami ha ritrovato il suo paese, proprio come Raul Ruiz aveva ricreato i colori cileni che sembrano inventati in Francia e in Portogallo: la Teheran circondata dalle montagne come Santiago dalle Ande, il deserto al nord. E aveva anche lui ascoltato da ragazzo le cassette proibite e clandestine di Victor Jara che circolavano negli anni ’90 tra i giovani iraniani così come in Cile negli anni di Pinochet. Il regista da una decina di anni non torna in Iran, ha viaggiato a Taiwan, nelle Filippine e risiede negli Usa, è cittadino del mondo e la sua storia non vuole essere ambientata in un luogo preciso, anche se l’ambientazione cilena è resa palese fin dall’inizio, quando si legge il nome inciso su una tomba (Donoso) come a ricordare il celebre scrittore.

Il vecchio custode di quel cimitero (lo spagnolo Juan Margallo, attore di teatro nel suo primo ruolo da protagonista) ha perso la memoria anche lui, ma ricorda perfettamente tutti i numeri e fa con precisione il suo lavoro, tanto che quando i militari requisiscono il posto per poter occultare le vittime di una manifestazione, si accorge che il corpo di una ragazza è stato dimenticato. I militari si affrettano a chiudere la morgue e mandano via anche lui (Julio Jung è il grande attore cileno che interpreta genialmente il burocrate, già interprete di Amnesia di Gonzalo Justiniano e No di Larrain). Il vecchio compie un viaggio per poterlo seppellire, con l’aiuto di un becchino, di un autista e di una donna che non ha più notizie della figlia sequestrata (un’altra icona del cinema cileno, Amparo Noguera).

Il viaggio li porta nel deserto di Atacama sulla Panamericana, dalle parti di Antofagasta, dove spunta la mano simbolica che unisce la terra al cielo, ma rappresenta soprattutto il dolore e la tortura. Lì nel deserto ancora scavano e trovano resti da ricomporre e a cui dare nome e cognome. Quella famosa scultura della mano non è un miraggio del deserto, non lo sono neanche le balene spiaggiate, un mistero per gli scienziati, o quelle che sembrano volare tra le onde (Ruiz le aveva già messe in scena, esseri magici che si riuniscono intorno a una di loro che muore). Sentiamo che il significato degli eventi è simbolico, legato a ogni parte del mondo, basterebbe quel sangue lasciato dai cadaveri trascinati e lavato via. Il vero oblio, si avverte nel film, è dimenticare l’oblio.

«Questo film – dice Alireza Khatami, è ispirato a eventi della mia vita. Ho girato in Cile perché ci sono tante persone generose in quel paese e sono stato praticamente adottato. Non è importante il paese da cui provengo, ma sono iraniano, sono cresciuto nel periodo della guerra tra Iran e Iraq dove sono morte migliaia di persone e tanti soldati sono scomparsi. Erano chiamati «soldati senza traccia». Il figlio di un mio vicino era scomparso e venti anni dopo gli hanno comunicato che lo avevano trovato. Non dimenticherò mai che nella bara avevano trovato solo uno stivale. Da allora mi sono dedicato alla politica della memoria ovunque andassi, in Cile, in Canada, i migranti affogati nel mare. Questi corpi assenti erano ovunque». E anche in Spagna, ricorda Juan Margallo, a 78 anni dalla guerra civile ci sono ancora tanti corpi di cui non si conosce l’identità.