È un percorso di amori incrociati quello raccontato da Ghila Piattelli in Resta ancora un po’ (Giuntina, pp. 204, euro 15). Al suo primo romanzo, Piattelli, che si è formata tra l’Italia e Israele, racconta di amori sospesi tra presente e passato in un paese, Israele, che sembra normale.

Un romanzo italo-israeliano quindi, unico nel suo genere, che racconta di amori perduti ma a cui è impossibile rinunciare come quello di Ahuva per Yonathan morto da oltre venti anni, o come quello di Zvika per sua moglie Ahuva con cui pure è spostato da trent’anni e con la quale gestisce una relazione a tre con un fantasma, «giovane, bello, ma comunque morto». E di cui – non a caso – il figlio Yoni porta il nome. Ma è desiderio anche quello di Noga per Ittai amico del cuore di Yoni di cui Ittai è innamorato. E poi, soprattutto, c’è l’amore di una nonna originale – dal carattere tanto forte da riuscire a creare un pezzetto di Italia nel cuore di Gerusalemme – per Yoni, ventenne studente di studi latinoamericani in un paese dove per essere qualcuno ed avere prestigio è necessario iscriversi a medicina, ingegneria o, almeno, a giurisprudenza.

«NONNA GIUDITTA – scrive Piattelli – è nata e cresciuta in Italia, a Firenze. Arrivata in Israele alla fine degli anni quaranta è rimasta sempre estranea, diversa, non completamente radicata». Una nonna che ripete come un mantra a Yoni: «Se avessi potuto scegliere un sorriso, tra tutti i sorrisi del mondo, io avrei scelto il tuo. Se fra tutti gli sguardi del mondo ne avessi potuto sceglierne uno, avrei scelto il tuo». Insomma, conclude determinata nonna Giuditta: «Se avessi potuto scegliere tra tutti i bambini del mondo, sempre, ovunque e comunque, io avrei scelto te».

Sono amori inabili, affetti incapaci di incontrarsi, un matrimonio fedele di un’amore asimmetrico, eppure Ghila Piattelli scrive più un libro di viaggi che un libro di amori. Di esplorazioni dentro le relazione umane che non sono mai quelle che sembrano, che nascondono passati sorprendenti e covano, a volte, l’attitudine – inaspettata – alla restituzione. Per questo nonna Giuditta ha chiesto a Yoni di accompagnarla in un viaggio surreale e divertente che inaugura con parole beffarde e sbrigative: «Dai su, Yoni vestiti, oggi mi accompagni a scegliere la mia nuova dimora. Quella definitiva».

UN’ESPLORAZIONE che inaugura in un cimitero militare pur non avendo alcuna possibilità di aggiudicarsi lì la sepoltura desiderata. E anche se gli anni in kibbutz nonna Giuditta li ricorda come un incubo, andrà comunque a visitarne i cimiteri. Come si recherà al vecchio cimitero di Raanana da cui raggiungere, sempre insieme a Yoini e ai suoi amici, un vecchio amante. Una nonna, in realtà, «troppo impegnata a vivere per poter pensare alla morte».

Resta ancora un po’ è un racconto mai retorico su un’Israele che si interroga sulla propria storia con la stessa ironia di nonna Giuditta. Le esplorazioni dei cimiteri sono così viaggi ilari e misteriosi, dove nonna Giuditta porta spesso un fiore ad un’amica, ad una parente, a qualcuno di amico e amato. Eppure per lei nessun cimitero va bene, sono spogli, disordinati, ammucchiati, tristi fino alla, sorprendente, seppur inevitabile, conclusione.