Esistono luoghi che sono più reali dei luoghi realmente esistenti. Città, paesi, nazioni dove si va senza bisogno di nessun mezzo di trasporto. Si chiamano Macondo oppure Cacania, ma anche Mompracem o Vigata, o ancora il paese dei balocchi o quello della cuccagna. Sono luoghi dove la letteratura, le storie sprigionano tutta la loro magia, svelando spazi, ritmi, significati nuovi al lettore. Uno di questi posti si trova in Euskal Herria e il suo cantore è Bernardo Atxaga. Si chiama Obaba e il libro che lo racconta si chiama Obabakoak, espressione basca, appunto, che significa le storie di Obaba, e che a distanza di circa trent’anni dalla sua prima edizione in Italia, esce ancora una volta presso la casa editrice 21 lettere (pp. 446, euro 19).

L’AUTORE È CONSIDERATO il maggior scrittore basco vivente e questo libro è forse il suo capolavoro, comunque quello che lo ha reso celebre in tutto il mondo. Amico di Luis Sepulveda – un pezzo di una sua poesia, I gabbiani, è riportato all’interno di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare – Atxaga costruisce un’opera di non facile definizione. A prima vista sembrerebbe una raccolta di racconti, accomunati in genere da riferimenti alla città di Obaba, ma, leggendoli, ci si rende conto che i legami tra le varie storie sono molto forti. A volte si tratta di una cornice che lega strettamente alcuni racconti, altre possono essere riferimenti tematici, altre ancora gli argomenti trattati come la solitudine o l’emarginazione.

Insomma, anche se ci si rende conto che si tratta di varie storie, spesso si ha quasi la sensazione di leggere un romanzo, o quanto meno una raccolta organica di storie che spazia dal realismo magico al fantastico alla Edgar Allan Poe, dall’avventuroso all’introspettivo. Un libro in cui è possibile trovare la riproposizione di un racconto famosissimo e la sua riscrittura col finale cambiato. Oppure ci si può ritrovare in una selva oscura e «aspra, selvaggia e forte». O ancora trovare una storia intitolata «Come scrivere un racconto in cinque minuti» e un’altra «Breve esposizione sul metodo per plagiare bene».

LE STORIE DI ATXAGA si pongono al confine tra letteratura e vita. Raccontano la vita, ma nello stesso tempo parlano del raccontare. Si trovano così non soltanto riflessioni davvero interessanti sulla letteratura in generale e su quella basca e sulle letterature minori in particolare, ma anche giochi di specchi tra arte e vita. Come nel caso del personaggio che si cambia il nome, assumendo quello di un discendente di un poeta amico di Gòngora, ma pubblica i suoi componimenti poetici col suo vero nome.

Obabakoak si rivela perciò un libro interessante e importante ancora oggi. Scritto per di più con una leggerezza e una raffinatezza davvero inusuali, in grado di trasportare il lettore in uno spazio quasi magico e in un tempo in un certo senso mitico, in qualche modo immobile, fuori dal fluire ordinario della durata, e che sembra rimandare a un’epoca probabilmente collocabile più o meno intorno agli anni Sessanta.

Le storie di Bernardo Atxaga, poi, riescono a incantare chi legge per uno stile sicuramente non semplice, lontano da quello spezzato e sincopato di tanta narrativa odierna, ma assolutamente affascinante ed avvincente, capace di narrare situazioni drammatiche, ma pervaso spesso anche da un tono umoristico e brillante.