(foto di Francesca Oggiano)
Assistiamo da tempo al tentativo di trasmettere un’immagine stereotipata e semplificata della complessa realtà che ruota intorno al mondo arabo, in particolare da quando,in seguito alle “rivoluzioni” arabe del 2011 e all’aumento del fenomeno migratorio nel bacino Mediterraneo, l’attualità di alcuni Paesi ha acquistato visibilità in diversi media mainstream.
Come spesso è avvenuto per la Siria, l’Egitto, la Palestina e altri Paesi dell’area, la Tunisia è attualmente vittima di una campagna di disinformazione che mira a semplificaree manipolare la complessa realtà esistente, peraltro in continua evoluzione.
L’articolo “Sulle montagne della Tunisia gli ex ragazzi della rivoluzione adesso sognano il Califfato” pubblicato da La Stampa in data 28 gennaio a firma di Domenico Quirico è, a nostro avviso, un esempio di disinformazione e di interpretazione strumentale del periodo storico che il Paese sta vivendo. Dalle parole dell’autore sembrerebbe che la rivoluzione tunisina, dopo aver aperto e illuminato di speranza il Mediterraneo nel 2011, starebbe oggi virando verso una traiettoria buia che porterebbe ad una “terribile rivoluzione” islamica con epicentro nella città di Kasserine. Quirico rappresenta i nuovi leader della rivoluzione come “uomini arditi dalle lingue affilate e le barbe lunghe”. Il tutto, poi, è fomentato dall’apologia di Daesch che, a detta del giornalista, riempirebbe le mura della città.
Come cittadine e cittadini italiane/i e tunisine/i, associazioni, operatori, studiosi che lavorano in e sulla Tunisia da numerosi anni, giornalisti ed esperti di Medio Oriente, ci preme offrire all’opinione pubblica un nostro punto di vista sulla realtà di Kasserine e della Tunisia.
Quanto sta accadendo in queste settimane, ossia le rivolte sociali che attraversano il Paese da sud a nord, si inscrive nel processo rivoluzionario avviatosi 5 anni fa proprio dalle stesse aree geografiche, marginalizzate in maniera sistematica e organizzata da uno Stato centralizzato sulla capitale e sulla costa turistica. Solo nel 2015 la Tunisia ha vissuto 4.288 proteste sociali, nella maggior parte dei casi passate in sordina anche dai media nazionali.
Le richieste dei giovani (e meno giovani) tunisini che (ri)occupano gli spazi in questi giorni rimandano alle questioni socio-economiche e alla revisione del paradigma del modello di sviluppo diseguale mai rimesso in discussione in questi anni di sperimentazione democratica. Le manifestazioni e i sit-in allargatisi a macchia d’olio in molte regioni del Paese chiedono l’apertura di processi di contrasto della corruzione dilagante nelle amministrazioni pubbliche e rivendicano il diritto al lavoro e alla dignità: parole d’ordine, queste ultime, che avevano riempito le strade già nel 2011. Esse sottolineano l’indipendenza dai partiti, dalle associazioni, dai movimenti organizzati, in qualche modo assimilati al sistema.
La transizione politica, tuttora in corso, continua ad essere lodata dai media e dalle istituzioni europee che in questo processo avevano investito troppo per rischiare che fallisse. Ma la stessa transizione non ha saputo rispondere alle aspettative dei giovani che hanno spinto per il cambiamento del regime. Quegli stessi giovani che da tempo hanno lanciato l’allarme rispetto a una deriva controrivoluzionaria e liberticida del processo di transizione. La confisca della rivoluzione, sebbene ce ne fossero i primi segnali già dal 2011 e con il governo di coalizione diretto da Ennadha, è stata in seguito ufficialmente legittimata con il governo dei cosiddetti “laici”, tanto decantato anche dall’altra sponda del Mediterraneo. Con il governo “laico” i tunisini hanno vissuto un acuirsi delle politiche liberticide e un recupero del vecchio sistema anche in maniera ufficiale, come attraverso il progetto di legge per la riconciliazione economica sull’amnistia dei crimini economici attuati prima della rivoluzione, con il radicamento e l’inasprirsi della minaccia terrorista, su cui nessun dibattito serio è ancora stato avviato, minaccia che è servita a legittimare leggi antidemocratiche e violente.
Ricordiamo come il terrorismo rappresenti in primis una minaccia per la popolazione e metta in discussione il sistema di sicurezza e di protezione dello Stato. L’episodio citato, ma non contestualizzat, nell’articolo di Quirico sul pastore decapitato riguarda la regione limitrofa di Sidi Bouzid ed è emblematico dell’abbandono sistematico che vive la popolazione di determinate aree del Paese. Inoltre, è estremamente riduttivo e strumentale affiliare tutto il terrorismo tunisino a Daesch – ricordiamo che nessuno degli attacchi terroristici realizzati finora in Tunisia è stato rivendicato dal “gruppo” Isis, tranne l’ultimo nel centro di Tunisi, la cui rivendicazione.Peraltro,non è mai stata verificata. Il fenomeno terroristico in Tunisia ha radici socio-economiche profonde nel territorio e dinamiche complesse, alimentate anche dalla repressione pluriennale del movimento islamista. È pertanto fuorviante riferirsi alla galassia islamista tunisina come se fosse un tutt’uno e ridurre il territorio di Kasserine a “le montagne del Califfato”.
È vero, la rivoluzione del 2011 in Tunisia non ha ancora realizzato le aspettative di riscatto dei giovani. Ma ha lasciato nonostante tutto segnali indelebili. Tra questi, la liberazione della parola tramite la nascita di tantissimi media locali su vari formati, nati proprio sull’onda della fine della censura e l’apertura al pluralismo. Tra cui le radio, protagoniste incontrastate. Che oggi rivendicano un ruolo da giocare come fonti di informazione affidabili e di riferimento legittimo per costruire una nuova narrazione del paese, dentro e fuori, per evitare banali semplificazioni e interpretazioni strumentali della realtà.
Crediamo che i media dovrebbero interrogarsi e analizzare in maniera critica i processi in corso, approfondendo e dando una visione complessa dei fenomeni per facilitare la comprensione ad un pubblico vasto. Non è responsabilità di Kasserine né del popolo tunisino se i media europei si ricordano del Paese solo in casi sporadici e legati principalmente a violenze reali o presunte tali. Proprio a Kasserine, l’occupazione va avanti da più di dieci giorni: sfidando il coprifuoco, uomini e donne continuano a riunirsi per discutere di diritti, e di lavoro, per criticare il livello esasperante di corruzione nelle istituzioni locali.
Infine, crediamo sia necessario denunciare quelle narrazioni faziose che scientemente sono mirate a creare paura e odio contro il mondo arabo, l’Islam e le migrazioni, generalizzando e non contestualizzando i fenomeni politici e sociali, ma anche avallando quel gioco delle parti dello scontro tra ‘noi’ e ‘loro’, che, a nostro avviso, va assolutamente rifuggito.
Per ulteriori adesioni, contattare l’indirizzo e-mail:
Gabriele Proglio: gabrieleproglio@gmail.com
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Prime adesioni
- Gabriele Proglio, professore di storia contemporanea Universita di Tunisi El Manar
- Debora Del Pistoia, cooperante e giornalista indipendente in Tunisia
- Gianluca Solera, scrittore e attivista trans-mediterraneo
- Damiano Duchemin
- Martina Tazzioli
- Lidia Lo Schiavo, docente universitaria
- Marta Menghi, giornalista free lance
- Rossana Pezzini
- Alessia Giannoni
- Natalia Romanó,insegnante di italiano L2 a Tunisi
- Alessia Tibollo, cooperante in Tunisia
- Albertina Petroni, cooperante in Tunisia
- Luigi Giorgi, giornalista
- Cecilia Dalla Negra, giornalista
- Valentina Muffoletto
- Micol Briziobello
- Patrizia Mancini, responsabiledelsito Tunisia In Red
- Santiago Alba Rico, scrittore
- Mario Sei, docenteUniversita della Manouba, Tunisi
- Hamadi Zribi, Tunisia in Red
- Giovanna Barile, Tunisia in Red
- Diego Barsuglia, fotografo
- Anna Castiglioni
- Chiara Loschi, dottoranda di ricerca in Scienza Politica, Universita degli Studi di Torino
- Paolo Cuttitta, Universita di Amsterdam
- Demichelis Marco
- Grazia Vulcano, cooperante in Tunisia
- Federica Zardo, ricercatrice
- Christian Elia, giornalista, condirettore Q Code Mag
- Jana Favata
- Stefano Barone
- Stefano Pontiggia, ricercatore sociale
- Sarra Labib Basha Beshai
- Francesca Crispolti
- Oriana Baldasso
- Giulia Breda
- Giulia Bonacina
- Jolanda Guardi, ricercatrice
- Francesca Biancani, docente a contrattoStoria e Istituzionidel Medio Oriente, Universita di Bologna
- Marta Menghi, giornalista freelance
- Sara Borrillo, post doc. Dip. AsiaAfrica e Mediterraneo, UniversitaLOrientale di Napoli
- Lorenzo Feltrin, dottorando, University of Warwick
- Marco Lauri, Docente a contratto di Letteratura e Filologia Araba, Universita di Macerata
- Estella Carpi, Labanon Support e New York University (Abu Dhabi)
- Lorenzo Declich, ricercatoreindipendente
- Paolo Paluzzi, Tunisi
- Clara Capelli, Cooperation and Developpement Network, Pavia
- Anna Serlenga, regista e docente
- Mattia Rizzi, coordinatoreprogetti (ADD Atelier pour le developpement durable)
- Susi Monzali
- Eugenia Valentini
- Costanza PasqualiLasagni, umanitariaedanalista di medio oriente.
- Joshua Evangelista, giornalista
- Marta Bellingreri, ricercatrice, reporter Medio Oriente
- Stefano Torelli, ricercatore
- Sara Manisera
- Lamia Ledrisi, giornalista
- Elisa Giunchi
- Kais Zriba, giornalista Inkyfada
- Alessandro Rivera Magos, ricercatore
- Mohamed Al Ahmadi, giornalista indipendente
- Veronica Bellintani
- Francesca Oggiano, giornalista pubblicista
- Comitato Khaled Bakrawi
- Fouad Rouehia, giornalista
- Chiara Denaro, dottoranda in sociologia presso Universitàdeglistudi di Roma la SapienA e UAB (Universitatautonoma de Barcelona)
- Damiano Aliprandi, giornalista e operatore sociale
- Lucia Spata
- Giovanni Piazzese, giornalista
- Alice Bondi’
- Hatem Salhi : corrispondente AlHiwarTounsi/Radio Kalima a Kasserine
- Houssem Yahyaoui: giornalista radio Kasserine FM
- Ali Rabeh: Direttore Radio Kasserine FM
- Iain Chambers, docente di StudiPostcoloniali, Università l’Orientale di Napoli
- Chiara Martucci, Milano
- Nicola Perugini, Mellon Postdoctoral Fellow, Brown University, Middle East Studiesand ItalianStudies
- Joy Betti, Bologna
- Vanessa Roghi, docente di sociologia dei processiculturali e comunicativi, Università La Sapienza, Roma
- Federico Faloppa, docente di Storiadella lingua italiana e Sociolinguistica, Università di Reading
- Giulia Grechi
- Ramona Parenzan
- Ilaria Giglioli, PhD student, University of California, Berkeley
- Vivian Gerrard
- Caterina Miele, Università l’Orientale, Napoli
- Betta Pesole
- Valeria Deplano, Università di Cagliari
- Giuseppe Acconcia, Il Manifesto, Università di Londra
- Barbara Spadaro, University of Bristol
- Fabrice Dubosc, etnopsichiatra e saggista
- ChiaraLoschi, dottoranda di ricerca in ScienzaPolitica, UniversitàdegliStudi di Torino
- Angelo d’Orsi, Docenteordinario di storia delle dottrinepolitiche, Università di Torino
- Francesca Di Pasquale, Netherlands Institute for War Documentation, Historical researchs Department, Post-Doc.
- Simona Wright, Professor in Italian Studies, The College of New Jersey
- Marco Demichelis, Assegnista di Ricerca in StudiIslamici e Storiadel Medio OrienteUniversitàCattolicadel Sacro Cuore, Milano
- Giuseppe Burgio, professore a contrattodell’Università di Palermo
- Marzia Maccaferri, Associate lecturer, Goldsmiths, University of London
- Giusy Muzzopappa, antropologa
- Raffaella Biasi, Professoressa, esperta di mondoislamico, laurea in arabo
- Dario Consoli, dottore di ricerca in filosofia, Università di Torino
- Alessandro Vecchi, fotografo, New York
- Sole Anatrone, dottore di ricerca, UniversitàdellaCalifornia, Berkeley
- Ester Sigilló, dottorandaScuolaSuperiore Normale di Pisa
- ChiaraEgidi, Brescia
- Oriana Baldasso
- Alice Conti
- Valeria Verdolini
- Serena Marcenò
- Annalisa Cegna
- Stefano Rota
- Anis Azouzi
- Francesca Biancani
- Carmine Conelli, dottorando, Università l’Orientale di Napoli
- FedericaZardo, Research Fellow, Università di Torino
- Pina Piccolo, studiosa indipendente
- Giuseppe Burgio, docenteUniversità di Palermo
- Cristian Lo Iacono, Torino
- Enzo Guarrasi, docente Università di Palermo
- Goffredo Polizzi, dottorando Università di Warwick
- Luigi Cazzato, docente di Letteratura Inglese, Università di Bari
- Silvia Casilio
- Benedetta Guerzoni
- Lorenzo De Sabbata
- Chiara Stenghel
- Matteo Di Gesù, docenteLetteraturaitaliana, Università di Palermo
- Paolo Fait, docente di filosofia, Università di Oxford
- Elisabetta Dall’O
- Lorenzo Mari, Università di Bologna
- Marco Gatto
- Teresa Degenhardt
- Alessandro Ferretti, Università di Torino
- Damiano De Facci
- Francesca Coin, sociologa, Ca’ Foscari
- Sabrina Marchetti, European University Institute
- Tommaso Rebora, studente Università di Torino
- Matilde Flamigni, studentessa Università di Torino
- Angelica Pesarini, Lecturer in Socilogy (Race, Gender and Sexuality) University of Lancaster
- Younis Kutaiba
- Tullia Giardina
- Chiara Egidi
- Maaza Mengiste
- Sole Anatrone, dottore di ricerca, Università della California, Berkeley
- Gisella Costabel
- Raffaella Biasi
- OrianaBaldasso
- Leonardo De Franceschi, docente di istituzioni di storia e criticadelcinema, Universitàdeglistudi di Roma Tre
- Camilla Hawthorne, dottoranda Università della California, Berkeley
- Valentina Migliarini
- Chiara Giubilaro, Assegnista di ricerca, UniversitàBicocca, Milano
- StefaniaVoli
- Francesco Correale, Università di Tour
- Cristina Accornero, Università di Torino, dottore di ricerca
- Paola Rivetti, Dublin City University, SeSaMo – SocietàItaliana di Studio Mediorientali
- Gaia Giuliani, post-doc Università di Coimbra, Centro de estudios sociales
- Daniele Salerno, assegnista di ricerca, Università di Bologna
- AlessioSurian, professore associato di didattica e pedagogia speciale, Università di Padova
- Vincenza Petrilli, ricercatrice indipendente, Bologna
- Tatiana Petrovich Njegosh, docente di storia della cultura americana, Università di Macerata
- Mackda Ghebremariam Tesfau’ – UniversitàdegliStudi di Padova
- Laura Ferrero, dottore di ricerca in antropologia, Università di Torino
- Arturo Marzano, Professore di storiadel Medio Oriente, Università di Pisa.
- Serena Marceno, Ricercatrice di FilosofiaPolitica e professoressa aggregata di Filosofia Politica e Human Rights: Theory and Policies, presso l’Università di Palermo
- Marco Montanaro
- Souheil Bayoudh, registatunisino
- Gathia Mraieh (tunisina, abitante a Modena, operaia)
- Chaker Haddad (tunisino, abitante a Modena, operaio)
- Takoua Haddad (studentessa italo-tunisinanata a Kairouan e abitante a Modena)
- Emanuele Venezia, docente di italiano Universita di Gabes
- Giada Frana, giornalista
- Alice Elliot, University College London
- Rabii Ibrahim, attore
- Rabii Gharsalli, fotografo