Al Padiglione Italia della 17/a Mostra internazionale dell’architettura, il concetto di resilienza comunitaria voluto dal curatore Alessandro Melis, trova una speciale risonanza in uno dei progetti che ospita: quella Storia di un minuto (sezione espositiva ideata da Alessandro Gaiani, Emilia Giorgi, Guido Incerti, realizzata con il supporto di ActionAid Italia Onlus e il contributo di Gran Sasso Science Institute) che «monitora» i territori italiani interessati da fenomeni sismici, anzi indaga gli infiniti «day after» che si susseguono. Dall’Aquila nel 2009 all’Emilia-Romagna fino all’Appennino centrale, lo studio della vulnerabilità si espande attraverso tre progetti artistici: quello di Göran Gnaudschun a Onna, di Alessandro Imbriaco nella zona di Ussita (Mc) e di Antonio Ottomanelli all’Aquila. In 60 secondi, il tessuto connettivo culturale, sociale, urbanistico si può sbriciolare dietro l’urto esplosivo delle scosse telluriche, trasformando una placida quotidianità in uno slabbrato mondo frammentato.

La sezione Storia di un minuto diviene così un luogo di costruzione, dove si manifesta «un’architettura vivente»: perno energetico sono le persone che intrecciano nuove pratiche di riappropriazione dello spazio. Il progetto – nato da un intenso lavoro del team curatoriale con urbanisti, sociologi, architetti, geologi, artisti, oltre a gruppi di attivisti e cittadini, viene percepito come un laboratorio (anche politico) della resistenza che si esplicita non solo nella mostra al Padiglione ma anche in una serie di conferenze e workshop – a Venezia e nelle zone colpite dal sisma.
Göran Gnaudschun con le sue Voci che si cercano, fruga intorno all’identità perduta di Onna mixando un lavoro fotografico del presente con quello d’archivio, imbrigliando il tempo nelle maglie della sua ricognizione. Alessandro Imbriaco stabilisce un contatto con gli abitanti di Frontignano di Ussita perlustrando il territorio ferito e dando luogo a un ritratto condiviso. La video installazione La prima casa di Antonio Ottomanelli parte invece dalla storia del collettivo 3e32, fondato nel 2009 all’Aquila da giovani attivisti, nel desiderio di contrastare la logica militare dell’emergenza.