«Un servizio pubblico non finanziato dal settore pubblico, attraverso fiscalità generale o di scopo, non può esistere in natura. Non può esistere un servizio pubblico radiotelevisivo di natura unicamente commerciale». La consigliera d’amministrazione di viale Mazzini indicata dal Pd, Rita Borioni, boccia la proposta di abolizione del canone Rai del 5 Stelle Gianluigi Paragone.

Sulla stessa lunghezza d’onda Riccardo Laganà, il consigliere che rappresenta i dipendenti dell’azienda.

E l’Associazione stampa romana parla di «iniziativa completamente sbagliata. Eliminare il canone e il tetto pubblicitario crea inevitabilmente una situazione nella quale la Rai dovrà competere sul mercato. Le regole del mercato però sono spesso in antitesi con quelle di un servizio pubblico la cui mission è e deve essere qualità, trasparenza, indipendenza e finalità sociali». Il vero nodo da sciogliere, secondo il sindacato dei giornalisti, è quello di un’azienda di servizio pubblico che «resta ancora oggi sotto il controllo dei partiti e del governo di turno».

L’idea pentastellata era stata anticipata nei giorni scorsi da Luigi Di Maio. Paragone ha presentato la proposta di legge al Senato, mentre la 5S Maria Laura Paxia alla Camera.

Prevede appunto anche l’abolizione del tetto pubblicitario. L’iniziativa che ha trovato la Lega a dir poco fredda: «Non asseconderemo nessuna operazione mirata a smantellare il servizio pubblico», ha commentato il segretario della vigilanza Rai Capitanio, pur dicendosi d’accordo sull’abolizione o riduzione del canone.

Lo stesso Paragone ipotizza non l’abolizione totale, ma una «fortissima riduzione se serve per finanziare trasmissioni che non avrebbero attrazione per gli inserzionisti oppure perché sarebbe inopportuno inserirvi degli spot».

Matteo Renzi quando era al governo aveva ipotizzato l’abolizione del canone, per poi tornare sui suoi passi.