Con qualche colpevole settimana di ritardo, visto che le conclusioni del rapporto della commissione Ichese erano già state anticipate pubblicamente dal settimanale Science, il presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani ieri ha dovuto ammettere che il problema c’è. Serio. E che in via precauzionale, in attesa di ulteriori approfondimenti sullo stato del sottosuolo, la regione dispone “la sospensione in tutta l’Emilia-Romagna di qualsiasi nuova attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi, come abbiamo fatto sin qui nel cratere del sisma”. Insomma, da oggi viene estesa a tutto il territorio regionale la sospensione che riguardava solo le zone interessate dal sisma di due anni fa (ma quelle già in atto continuano). E non poteva fare altrimenti la giunta di Vasco Errani, visto che la commissione Ichese, nel suo rapporto fitto di 213 pagine, sostiene che potrebbe esserci una relazione di causa/effetto tra i terremoti che hanno colpito l’Emilia il 20 e 29 maggio 2012 e le attività di estrazione realizzate dalla Gas Plus nei pozzi del Cavone a San Possidonio, a venti chilometri dall’epicentro del sisma che uccise 27 persone e devastò la bassa modenese.

Gas Plus è il quarto produttore italiano di gas, detiene 50 concessioni di coltivazione distribuite su tutto il territorio italiano ed è attivo nella filiera del gas naturale, in particolare nell’esplorazione, produzione, acquisto e distribuzione (nel 2012 ha commercializzato circa 600 milioni di metri cubi di gas e gestisce circa 1.500 chilometri di rete di distribuzione). La società oggi verrà convocata al ministero dello Sviluppo economico.

Il rapporto che imbarazza la giunta regionale, che ieri ha dovuto replicare all’accusa di aver nascosto la “notizia”, è allarmante ma nello stesso tempo non arriva a dirimere una questione su cui non c’è accordo fra gli scienziati. “Esiste una correlazione statistica – si legge – tra l’aumento della sismicità prima del 20 maggio 2012 e l’aumento dei parametri di produzione da aprile/maggio 2011. Quindi non può essere escluso che le azioni combinate di estrazione ed iniezione di fluidi in una regione tettonicamente attiva possano aver contribuito, aggiungendo un piccolissimo carico, alla attivazione di un sistema di faglie che aveva già accumulato un sensibile carico tettonico e che stava per raggiungere le condizioni necessarie a produrre un terremoto”. Detto questo, la commissione Ichese, che era stata istituita dalla stessa Regione Emilia Romagna, ammette che tutte le informazioni elaborate “non permettono di escludere, ma neanche di provare” la correlazione tra lo sfruttamento di idrocarburi e l’attività sismica che ha sconvolto l’Emilia due anni fa. Per escludere o confermare l’ipotesi di un legame causale saranno necessari altri studi e altre attività di monitoraggio altamente tecnologici. E considerata la posta in gioco (e la potenza dei giocatori), non basta un’evidenza statistica per mettere in discussione le concessioni.

Eppure il dubbio lacerante ha costretto sulla difensiva il presidente della Regione Emilia Romagna. “Nessuna sottovalutazione dei problemi – ha replicato in aula – ma è necessario un approfondimento tuttora in corso, abbiamo sempre agito in buona fede per interpretare nel migliore dei modi le indicazioni forniteci dalla relazione scaturita dal lavoro della commissione Ichese”. Per respingere i sospetti sulla sua buona fede e sul ritardo con cui è stato reso pubblico lo studio, Errani ha precisato che “nella relazione si parla di dati statistici rispetto alle condizioni reali dell’assetto geodinamico del territorio, per questo ho pensato che per non generare allarme si dovessero fare ulteriori approfondimenti”. Si è detto dispiaciuto e comunque disposto ad applicare “quel principio di precauzione per cui abbiamo bloccato tutte le ricerche e le nuove concessioni, quindi continuando l’attività positiva da noi avviata e adottando con serietà le linee guida che scaturiranno dal gruppo di lavoro attivo al ministero”.

Le mezze ammissioni, o scuse per la scarsa trasparenza, non hanno placato le opposizioni in consiglio regionale. Il M5S ha chiesto alla regione di revocare tutte le autorizzazioni rilasciate per il prelievo di idrocarburi. Sulla stessa linea anche Lega e Forza Italia, molto critica anche Sel. “Ma la Regione – ha precisato l’assessore alle attività produttive rivolgendosi ai comitati presenti in aula – non è titolata a revocare le concessioni”. Fds si augura che il dossier suggerisca alla politica l’urgenza di superare il “far west” dello sfruttamento del suolo da parte delle compagnie petrolifere.