Moira Millán si è messa in cammino. E sarà un cammino lungo e difficile, perché lungo e difficile è il cammino di chi cerca giustizia. Si è messa in cammino con altre donne del Movimiento de Mujeres Indigenas por el Buen Vivir il 14 marzo scorso. Sono partite dalla Patagonia, dal lof mapuche di Pillan Mahuiza, con l’obiettivo di raggiungere Buenos Aires il 22 maggio, dopo aver percorso a piedi 1900 chilometri.

ALTRE DONNE, DA ALTRE PROVINCE argentine, si sono messe in cammino con la stessa meta. Arriveranno a Buenos Aires da nord. Sono partite il 17 marzo dal villaggio di Saenz Peña, nella provincia settentrionale del Chaco. Un altro gruppo, proveniente da ovest, dalla provincia di Salta, si unirà a loro e assieme percorreranno i 1600 chilometri che le separa dal mar del la Plata.

SONO LE DONNE DEI LOF, CHE IN LINGUA mapuche significa comunità. Ma comunità che non hanno il diritto legale di esistere, secondo il governo argentino e i pochi latifondisti miliardari che si sono comperati a prezzo di realizzo le terre di Patagonia senza considerare le regioni di coloro che queste terre le abitavano sin da prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo. Donne che hanno occupato – o meglio, «recuperato», come preferiscono sottolineare – la terra svenduta e che ogni giorno devono resistere alle violenze e alle pressioni della polizia, dell’esercito argentino e dei gruppi paramilitari privati.

GLI INTERESSI DELLE MULTINAZIONALI nell’area sono noti, tra le aziende europee sotto accusa anche la trevigiana Benetton, che – da sola – si è aggiudicata una porzione di Patagonia grande come mezzo Veneto. O le compagnie nord americane Yamana Gold, Glencore e Newmont, che con le loro miniere a cielo aperto nel nord del Paese estraggono minerali preziosi lasciando in cambio inquinamento, violenza e miseria. Pillan Mahuiza, in lingua mapuche Montagna Sacra, si trova ad un’ora di cammino da quelle quattro case in croce che è il paese di Corcovado, a un centinaio di chilometri rigorosamente sterrati, dalla cittadina di Esquel. Siamo nel cuore della provincia argentina di Chubut che taglia in due la Patagonia, spaziando dalla grande cordigliera andina all’oceano.

UN ANNO FA, PROPRIO A PILLAN MAHUIZA, le donne del lof hanno organizzato un «accampamento climatico»: un incontro focalizzato sulla questione dei cambiamenti climatici e aperto a tutti i popoli indigeni del Sudamerica al quale hanno partecipato anche realtà nordamericane ed europee. Per il nostro Paese sono arrivate delegazioni di Fridays For Future, Ya Basta Êdî Bese e Non Una di Meno. Proprio da Pillan Mahuiza le mujeres hanno lanciato a tutte le altre donne del continente l’idea della Caminata Basta de Terricidio per raggiungere da nord o da sud la capitale argentina e chiedere una legge contro le devastazioni ambientali e lo sfruttamento della terra indigena da parte delle multinazionali dell’estrattivismo che, per il profitto di pochi, violentano Ñuke Mapu. Così il popolo mapuche chiama la terra intesa nella sua sacralità di culla del vivente.

«TERRICIDIO E’ LO STERMINIO SISTEMATICO di ogni forma di vita – spiega Moira – sia per quanto riguarda l’ecosistema tangibile e percepibile che ci circonda come le persone, le piante e gli animali, sia gli aspetti immateriali, linguistici o sacri che determinano la cultura e che, nel nostro caso, è il nostro stesso essere mapuche». Moira Millan è una combattente e una intellettuale. Guerrera y cuidadora de su pueblo l’hanno definita i giornali sudamericani. «Una guerriera e una custode delle tradizioni del suo popolo». Tutt’oggi, è la sola donna indigena argentina che abbia pubblicato un libro, El tren del olvido, una commovente storia d’amore e di lotta rivestita di poesia e simbolismo.

IL CAMMINARE DI MOIRA e delle mujeres è ascolto e denuncia. «La strada per Buenos Aires è una strada che racconta storie – spiega – storie di come il colonialismo abbia spazzato via dal continente sudamericano saperi e culture portando in cambio sfruttamento del lavoro, dominio politico e oppressione sociale. Abbiamo parlato con comunità le cui terre, prima fertili, sono state devastante da miniere, con popoli ai quali è stato rubato l’acqua per farne dighe energetiche utili solo agli interessi delle multinazionali, con genti che hanno inutilmente tentato di fermare gli incendi dolosi che hanno distrutto la foresta che dava loro sostentamento e che addirittura sono stati accusati di essere i responsabili di questi incendi. Tutto questo vogliamo denunciare camminando. Così come vogliamo raccontare e denunciare le storie delle tante donne che hanno subito violenza da un ordine sociale fondato sul patriarcato anche questo figlio del colonialismo».

ALLA FINE DEL LORO OSTINATO CAMMINARE, il 22 maggio, saranno almeno un centinaio le mujeres indigenas che busseranno alle porte del parlamento argentino e pretendere, con tutta la voce che hanno in corpo, che il terricidio sia considerato un crimine contro l’umanità. Cento donne in rappresentanza di 36 diversi popoli indigeni. Gli unici trentasei popoli sopravvissuti fisicamente e culturalmente degli oltre cento che abitavano le terre dell’attuale Argentina prima che l’uragano del colonialismo spazzasse il continente.

«TERRICIDIO SIGNIFICA ANCHE GENOCIDIO perché c’è un impulso di sterminio sistematico verso i popoli indigeni da parte degli Stati Nazione – spiega Moira-. Terricidio è ecocidio perché si distruggono e contaminano indiscriminatamente interi territori in modo irreversibile per imporre con metodi espansionistici e violenti un’economia della morte. Terricidio è epistemicidio perché con la colonizzazione sono stati eliminati i criteri di intendere, conoscere e concepire la vita da parte dei popoli indigeni. Terricidio è patriarcato, terricidio è femminicidio perché il corpo delle donne viene letto sotto l’effetto di relazioni sociali dettate da criteri di appropriazione privata».

Un largo fronte di sostegno alla camminata delle donne indigene si sta mobilitando anche In Europa. In Italia, collettivi transfemministi e FfF hanno deciso varie iniziative per il 22 maggio e accompagnare idealmente il cammino delle mujeres.