È sulle pensioni che si sta giocando lo scontro più duro all’interno della variegata maggioranza di governo. Dopo che da settimane anche il ministro Gualtieri si era convinto a non toccare Quota 100, l’ormai proverbiale vena anti lavoratori anziani di Renzi e dei renziani si è accanita contro il provvedimento voluto dal «governo del cambiamento» per mandare in pensione una parte dell’esercito di persone bloccate dalla Fornero, spacciato da Salvini come la «cancellazione» della riforma più odiata dagli italiani.

INVECE CHE ATTACCARE il tratto «sperimentale» e in buona parte fallimentare – se una norma provvisoria funziona al di sotto delle previsioni di solito non la si porta «a scadenza» triennale – della legge che consentirà per altri due anni a chi ha 62 anni di età e 38 di contributi di andare finalmente in pensione, i renziani di Italia Viva guidati dal sedicente economista Luigi Marattin hanno deciso di ri-alimentare lo scontro generazionale, sostenendo che Quota 100 «fa pagare ai giovani alcuni privilegi per pochi».

Il peggio è che lo stesso Marattin propone in alternativa quell’Ape social che fu allo stesso modo un flop fragoroso dei governi renziani, specie per i paletti imposti che ne resero il bacino di utenza minimale rispetto perfino a Quota 100.

LA VERITÀ È CHE I RENZIANI puntano a cercare risorse – miliardi – per finanziare le loro proposte bandiera: il Fondo per la famiglia e il taglio del cuneo fiscale sul lavoro nella versione – però – a favore delle imprese e non dei lavoratori.

In questo modo ha allora avuto buon gioco la ministra M5s Nunzia Catalfo a rispondere che Quota 100 non si tocca – in sintonia con i sindacati: «Siamo tutto d’accordo perchè le persone si sono fatte dei piani di uscita», sintetizza la leader Cisl Annamaria Furlan – irrigidendo la posizione anche su un possibile slittamento delle finestre trimestrali già previste in uscita che farebbero risparmiare alcune centinaia di milioni. Cifre risibili rispetto ai risparmi di Quota 100 già definiti per la carenza di domande e che ieri il presidente dell’Inps ha (sotto)stimato in «2 miliardi per il 2020 e in 2 miliardi per il 2021».

Se i risparmi del 2019 – oltre 3 miliardi – sono già stati usati per la manovra correttiva estiva dal vecchio governo Lega-M5s Conte 1, il nuovo esecutivo aveva promesso di mantenere i risparmi nel campo previdenziale, finanziando gli interventi per i pensionati e per la pensione per i giovani – la pensione di garanzia immaginata da Michele Raitano che non costerebbe nulla adesso, inizierebbe ad incidere sui conti pubblici solo quando gli attuali precari andranno in pensione dopo 40 anni di attività, all’incirca nel 2040.

Allo stesso modo l’impostazione di Catalfo – «nel frattempo stiamo lavorando ad una riforma previdenziale che superi definitivamente la Fornero che sia più giusta e più equa» – rappresenta una svolta rimarcata dai sindacati: «il ministro del Lavoro ha mostrato attenzione alle nostre proposte, decisamente in discontinuità con l’esecutivo precedente, e addirittura si è spinto a dichiarare di condividere l’ispirazione della piattaforma unitaria Cgil-Cisl-Uil, a partire dalla flessibilità in uscita», ha commentato Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil.

La partita poi riguarda non solo Quota 100. I renziani di Italia Viva infatti nella loro furia anti previdenziale si dimenticano totalmente le richieste dei sindacati dei pensionati. Che al governo – e dunque anche al partitino renziano – avevano fatto richieste precise – legge sulla non autosufficienza, rivalutazione piena delle pensioni, allargamento della 14esima) e minacciato di tenere la prima manifestazione contro il nuovo governo per sabato 16 novembre in caso di non ascolto da parte dell’esecutivo.

NONOSTANTE L’APERTURA per uno sblocco, seppure minimo, dell’indicizzazione delle pensioni – la rivalutazione sarebbe piena per gli assegni da 1.500 a 2.000 mila euro mensili, ora al 95 per cento, pari a poche decine di milioni di spesa – per il momento Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp mantengono la mobilitazione: «A poche ore dalla presentazione della manovra serve dare le prime risposte anche a milioni di persone anziane e in pensione. I pensionati rischiano di essere fortemente discriminati. Servono segnali precisi e risposte concrete», conferma il segretario generale dello Spi Cgil Ivan Pedretti.