Tre anni sono tanti nella giovane eppur turbolenta storia del Movimento 5 Stelle. Non capitava più da tanto, e precisamente dalla mobilitazione in verità smantellata di corsa nei caldi giorni della rielezione di Napolitano dell’aprile del 2013, che i grillini convocassero una piazza che non fosse un comizio elettorale. Lo hanno fatto ieri per bocca del senatore Nicola Morra, anche lui balzato alle cronache nelle polemiche sui rimborsi e le spese allegre alle quali i deputati del M5S ricorrerebbero per compensare l’annunciata riduzione degli stipendi. «Da lunedì si discuterà la nostra proposta per tagliare i compensi dei parlamentari – scrive Morra su Facebook – Come voterà il Pd? In pochi potranno entrare a Montecitorio per assistere alla votazione, ma lì fuori dobbiamo essere in tanti a farci sentire!».

L’appuntamento si inscrive nelle vicende tormentate di questi giorni, fatte di divisioni interne e fratture che hanno prodotto il ritorno di Beppe Grillo alla testa del Movimento 5 Stelle. Il suo protagonismo passa per il tema forte dei costi della politica. Alla Casaleggio Associati sanno bene che questo è uno dei canovacci che ha colpito di più l’immaginario degli elettori e che ha causato l’istantanea crescita della sua creatura politica. Ecco quindi che sul blog, da mesi in calo di contatti e sempre meno al centro delle strategie comunicative pentastellate, la questione dei quattrini torna in primo piano. Da ieri appare in un banner: segna il conto alla rovescia che indica quanti giorni, ore e minuti mancano «alla legge per il dimezzamento degli stipendi in Parlamento».

«Il Pd pone il tema del taglio ai costi della politica, tanto da farne punto prioritario della propaganda referendaria, siamo sicuri, per un minimo di logica, ma proprio poca poca logica, che il Pd voterà a favore di questo provvedimento» aveva spiegato Grillo nei giorni scorsi, lanciando l’iniziativa. Oggetto del contendere, la proposta di legge, prima firmataria Roberta Lombardi, che conta di realizzare un taglio netto di 61 milioni di euro all’anno sugli stipendi e di 26 milioni di euro di spese telefoniche e di viaggio. Grillo usa il tema in diretta polemica con la riforma Renzi-Boschi, visto che, dice, con una legge ordinaria si porterebbe a casa «un risparmio molto più alto di quello presunto derivante dalla riforma (58 milioni), ma ottenuto senza stravolgere l’asse costituzionale dello Stato».

Il co-fondatore del M5S sa bene che in politica come nella comunicazione la miglior difesa è l’attacco, conta così anche di rispondere alle polemiche esplose in questa settimana da dentro il M5S sui rimborsi-spese di Luigi Di Maio, da cui è scaturito una specie di effetto domino sui conti degli altri parlamentari grillini che ha lasciato pochi incolumi. Il Pd però ci casca con tutte le scarpe ed invoca la tecnica parlamentare, sottolineando come il testo Lombardi arriverà in aula senza che ci sia stato neanche un voto in commissione e senza il mandato al relatore. Dal M5S accusano la maggioranza di voler sabotare la proposta e chiedono che venga separata dalle altre cinque presentate sullo stesso tema.

Lunedì in ogni caso si svolgerà la discussione generale e tra martedì e giovedì si voterà il provvedimento. «Tenteranno di rimandare il testo in commissione e di rinviare il tutto alle calende greche» prevedono i 5 Stelle. Danilo Toninelli intravede un esito già scritto: «Martedì sarà il giorno del delitto».
La tensione sale proprio all’ultimo round del voto online sulle modifiche al «non-statuto» del M5S necessitate dalle beghe legali causate dagli espulsi, per approvare le quali è stato fissato una specie di quorum simbolico del 75 per cento degli iscritti al blog, soglia astronomica se si considera la bassa propensione a partecipare dei seguaci di Grillo.

Così, nonostante ci sia stato un mese di tempo per cliccare e malgrado gli inviti all’affluenza virtuale ad opera dei big del Movimento, si va verso un nulla di fatto. Che lascia inalterati i problemi di dissenso interno. Proprio ieri Paolo Putti, ex candidato sindaco a Genova e attuale capogruppo in comune, ha annunciato il suo addio in dissenso con la linea dettata da Grillo.