In attesa della relazione del prefetto Gabrielli sullo stato dell’amministrazione della Capitale, in Campidoglio ormai è stillicidio. Ora dopo ora tutt’intorno alla splendida e incolpevole piazza michelangiolesca si fronteggiano due città diverse e opposte: quella degli ultimi giapponesi del sindaco e quella che molla le trincee rispondendo all’ordine del «tutti a casa» lanciato da Palazzo Chigi. Ieri il Corriere della sera riferiva l’inequivocabile sentenza di Renzi: «Marino non è in grado di proseguire», «non ha dimostrato di saper guidare la città», «mi ha sfidato alla festa dell’Unità, vedremo chi la vince». In mattinata arriva la smentita di Palazzo Chigi, ma è blanda e non convince.
Infatti nelle ore successive l’amministrazione perde pezzi: si dimette tutto il cda del Palaexpo, l’azienda che gestisce le Scuderie del Quirinale, il Palazzo delle Esposizioni e la Casa del Jazz. Una tegola pesante all’inizio della stagione estiva. Il presidente Franco Bernabé punta il dito contro il sindaco, reo di reo di «inadempienza» degli obblighi finanziari, cosa che «rende impossibile lo svolgimento delle attività».

Intenzionale o no, il disegno di logoramento del sindaco è fin troppo leggibile. In mattinata arriva un’altra botta alla maggioranza capitolina: si autosospendono dal Pd Alfredo Ferrari e Francesco D’Ausilio, due consiglieri comunali non indagati ma il cui nome è saltato fuori nelle intercettazioni dell’inchiesta Mafia Capitale. D’Ausilio è anche l’ex capogruppo del Pd, non precisamente amico del sindaco.
È appunto lo stillicidio. Così lo interpreta l’ex segretario del Pd romano Marco Miccoli che parla a nuora perché la suocera Renzi intenda: «Il sindaco di Roma si sfiducia in aula. Ci si deve assumere la responsabilità politica e metterci la faccia. Se la sequenza di dimissioni che si sta verificando, fosse una strategia messa in campo per costringerlo alla resa sarebbe cosa vergognosa. Io sto con Marino».

In realtà ieri, dopo un lungo colloquio con il sindaco, sono rientrate le dimissioni dell’assessore alla Mobilità Guido Improta: «Le decisioni verranno assunte nell’interesse della città al momento opportuno», si è giustificato lui spiegato lui». Ma si tratta di una decisione solo rimandata.

ùPer ora però Marino incassa la permanenza di un uomo chiave della giunta e provoca il presidente del consiglio che lo vuole mandare a casa invitandolo a fare una passeggiata ai Fori Imperiali ora che saranno liberati dagli antiestetici camion-bar (è l’ultima crociata del primo cittadino, scelta «mondiale» l’ha definita). Al predecessore Rutelli che lo invita a aprire la sua giunta «a esponenti moderati dell’opposizione», risponde in serata dalla festa di Sel – dove viene accolto da un’ovazione – in modo sprezzante: «È un politico del secolo passato che non prendo granché in considerazione». È proprio dal palco della festa del quartiere popolare di Garbatella, dove incassa il rinnovo dell’appoggio di Sel («a verifica», spiega a Eleonora Martini del manifesto il consigliere Gianluca Peciola, un appoggio pieno per un «nuovo patto morale con la città») che il sindaco lancia il messaggio finale della sua ennesima lunghissima giornata. «Stiamo governando questa città con un governo di sinistra», scandisce, all’orizzonte non ci sono larghe intese sul modello del governo nazionale. Invece è pronto a discutere di rimpasto di giunta, quello che gli ha suggerito anche Matteo Orfini, il commissario del Pd romano che sempre più a fatica continua a sostenerlo. «Ho degli ottimi assessori che stanno lavorando tantissimo», dice il sindaco, ma «se c’è qualcuno che in questo momento ha delle idee e o dei nomi da indicare, se ci sono suggerimenti dalla cittadinanza o dalla politica, siamo pronti ad ascoltarli con rispetto».

Il messaggio è all’indirizzo di Palazzo Chigi ed è un’offerta di dialogo. «Non mi sento in conflitto con nessuno e credo che nessuno si senta in conflitto con me», giura il sindaco svicolando dalle domande su Renzi. Ma il gelo che sta paralizzando il Campidoglio si irradia proprio dal vicino Palazzo Chigi. Per questo è difficile trovare anche un solo nome eccellente da fare entrare in una giunta per la quale è già scattato il conto alla rovescia.