Serial o soap? E quanto si differenzia dai prodotti occidentali? Un bel dilemma, dato che la lunga serialità indiana viene indifferentemente chiamata serial o soap, e serial è stata la denominazione prevalente fino alla metà del primo decennio del Duemila. Un panorama variegato, quello mondiale della lunga narrazione televisiva. Le telenovela, di produzione sudamericana, in onda nel daytime, hanno conosciuto un boom di ascolti in Italia negli anni Ottanta, grazie anche all’avvenenza di star come Veronica Castro (Quando i ricchi piangono) e Grecia Colmenares (Topazio). Concentrate, quanto a durata, nell’arco di una stagione televisiva, sono a finale chiuso. Storie melodrammatiche, intrighi, agnizioni, focus su un solo personaggio, di solito femminile: sono questi i loro principali ingredienti, spesso con budget più bassi rispetto alle soap opera made in Usa.
Queste, spesso nate come drammi radiofonici, vengono concluse solo in seguito ad un calo degli ascolti. Negli ultimi dieci anni il genere ha subito negli Usa un vero e proprio tracollo. Chiusa dopo oltre settant’anni di messa in onda Guiding Light nel 2009, nel palinsesto a stelle e strisce resistono solo in quattro: The Young and the Restless (febbre d’amore) con un audience poco sopra i 4 milioni (contro i 10 dei tempi d’oro…), e dietro Bold and the Beautiful (da noi Beautiful..), Days of our lives e General Hospital, cinquant’anni compiuti giusto nel 2013…
Rispetto alle soap indiane, le sceneggiature muovono più fili, e non sono incentrate su un unico protagonista. Ma quali sono le analogie e le differenze tra le forme a lunga serialità indiane e occidentali? Punti in comune: l’attenzione sui personaggi femminili o sulle storie famigliari, i costi di produzione relativamente bassi, l’uso del cliffhanger, la messa in onda dal lunedì al venerdì, però in prime time per quanto riguarda le produzioni indiane (per questo il termine soap è ormai il più adatto anche per queste narrazioni). Ma non mancano le differenze: l’individualismo che permea le soap occidentali non c’è e, anche se dopo gli anni Novanta è venuta meno quell’istanza pedagogica caratteristica dei prodotti Doordarshan, ancora è molto forte l’insistenza sul concetto di «sacrificio», che deriva dalla forte influenza che poemi epici come il Mahabharata e il Ramayana ancora esercitano sui prodotti mediatici, dando alle storie un tocco tipicamente local.
C’è poi un’altra peculiarità delle soap indiane, ma che appartiene grosso modo a molti dei trucchi usati nella lunga serialità in generale. Molti dei personaggi spasso ricompaiono dopo la morte, o subiscono operazioni di chirurgia estetica, in modo tale da permettere al network di cambiare attori. Un espediente per superare cali di tensione nel racconto e proseguire la saga familiare, è invece quello di spostare in avanti la narrazione di vent’anni.
Inoltre le soap indiane molto spesso attingono, quanto a canzoni, al repertorio cinematografico di Bollywood. Rare invece sono le danze che hanno reso questa cinematografia famosa per il suo ritmo narrativo non lineare e non continuo come quello del cinema hollywoodiano. L’escamotage di utilizzare le musiche dei film di Bollywood permette allo spettatore, riconoscendo la melodia, di comprendere la «personalità» del personaggio inquadrato.
Molto più degli Usa – dove è raro che le star delle soap vengano fermate dai fan – in India gli attori sono vere e proprie icone. Shah Rukh Khan, stella splendente di Bollywood, si è fatto le ossa in televisione. Sia lui che e Amitabh Bachchan, vecchia gloria cinematografica, hanno presentato la versione indiana di Chi vuol esser milionario, forse il game show più celebre nel mondo.
Stili, tra melò e cupi intrighi, ma con molte differenze
Televisione. La musica è un elemento fondamentale per raccontare i vari intrecci
Televisione. La musica è un elemento fondamentale per raccontare i vari intrecci
Pubblicato 10 anni faEdizione del 4 agosto 2013
Pubblicato 10 anni faEdizione del 4 agosto 2013