«Guarda i miei capelli! Che orrore!». Sono le nove di mattina sulla West Coast, quando Steve si specchia nello schermo del suo pc. Vaglielo a spiegare, che qui anche il Presidente della Repubblica ha avuto problemi simili. «Però dai, ne ho parecchi, per essere un sessantatreenne!».
La questione tricologica, pur interessante, cede presto spazio a quella musicale: a otto anni da Transition ecco un nuovo album solista, I Found The Sun Again (Mascot Label), annunciato dai singoli Serpent Soul e Run To Me e dalla title track col suo autoironico videoclip. «Ho cercato di catturare certe vibrazioni anni Settanta. A parte le voci tutto è stato registrato dal vivo, senza click e con lunghe jam in studio». Otto tracce potenti ed eclettiche per stile e sentimenti. Nostalgia, forza, ironia: gli ingredienti dell’album risuonano nella nostra conversazione.

STEVE SI CONFERMA stella polare della chitarra rock, come al tempo in cui si chiedeva ai turnisti di emulare il celebre Luke Sound. «Non sono più un sessionman, l’ho fatto per anni ma ora non c’è quasi più lavoro, si registra da casa. Mi manca molto, sono stati gli anni migliori della mia vita. Ho fatto una lunga gavetta, quattordici anni prima di entrare in studio. Ora tutti possono ambire a dieci minuti di celebrità. Ho nostalgia per i vecchi tempi, per le band che crescevano assieme, cosa che non succede più. Ma mi ritengo fortunato, e faccio ancora pratica ogni giorno: la cosa buona di invecchiare come musicista è che sai ancora suonare!».
Parlando di chitarristi, il ricordo va a Eddie Van Halen: «Eravamo grandissimi amici, la sua morte è stata un dolore immenso, oltre che un’enorme perdita artistica. Un grande innovatore, proprio ciò di cui avremmo bisogno oggi: la musica è diventata stantia. E dicono ancora che la tecnica e lo studio uccidono la creatività… che stronzate!». D’altra parte, la denigrazione del sapere non riguarda solo la musica: «È vero, c’è un rincoglionimento generale, nella musica, nella letteratura, nell’arte, nella politica, nel cibo… Lo so, faccio discorsi da vecchio, si dice sempre di aver vissuto in un’epoca migliore… ma nel mio caso è vero!».

PARLA VOLENTIERI della sua avventura con la All Star Band, «la migliore cover band del mondo. Proprio ieri ero in studio con Ringo per il suo nuovo EP… Adoro quell’uomo, ormai siamo una famiglia». Quest’ultimo termine riporta l’accento sulla nostalgia: «Ho due figli che vivono nel New Jersey, non li vedo da mesi. Il più piccolo è autistico ed è ancor più difficile per lui viaggiare. Mi manca il contatto fisico con loro. Non mi preoccupo per me, la mia salute è forte, ho girato il mondo per 45 anni… Scusami, parlo troppo! Sono vecchio, e molto solo» (ride).
Con gran tempismo irrompe in scena il suo carlino Swink, al cui cospetto Steve depone ogni residua corazza da dura rockstar. Scena impagabile, dopo la quale la discussione riparte dall’attualità: «Il mio principio è sempre lo stesso, peace and love. Non mi piace come stanno andando le cose in America, ma spero in una seconda chance, per tornare a essere amici del mondo. Vedere le vite di tanta gente rovinate da un personaggio come Trump mi addolora. Per tanti anni noi americani siamo stati un esempio davvero penoso».

SI TORNA ALLA MUSICA e all’agognata ripartenza live su cui è speranzoso, ma non esattamente ottimista: «Ci vorrà molto tempo prima di tornare nello stesso luogo con diecimila persone, bisogna ristabilire la fiducia tra la gente… Ho una band, potremmo essere su un palco in due settimane, giusto un po’ di prove… mi rifiuto di pensare che sia tutto finito per me, che io non possa più vivere quell’esperienza, mi spezzerebbe il cuore». Altra nostalgia, per una conclusione quasi sommessa, rievocando gli esordi con i Toto. Silly little songs, dice lui: «La musica era buona, i testi un po’ meno… eravamo ventenni quando abbiamo inciso Georgy Porgy, cosa potevo saperne della vita? Ma guarda i Beatles: hanno iniziato con She Loves You e dopo pochi anni hanno scritto cose meravigliose. Si cresce sempre, crescono le band e cresce il loro pubblico, finché un giorno ti accorgi che è il momento di smettere. When it’s time to come back home, we are ready to go… Non male come finale, vero?».