L’arrivo dell’ex consigliere di Trump Steve Bannon agli uffici dell’Fbi, a cui si è consegnato prima di andare in tribunale, è stato a dir poco teatrale. Bannon ha guardato dritto nelle telecamere ed ha esortato i suoi a restare concentrati: «Stiamo abbattendo il regime di Biden». Tutta la sua performance mediatica è stata definita dal Washington Post e dalla Cnn come «buffonate».

Una volta all’interno dell’aula, però, si è trasformato: era «molto diverso», ha detto Evan Perez della Cnn. «Era deferente, e ha risposto con molto rispetto al giudice». Una volta uscito, però, è tornato alla comunicazione ad effetto, impegnandosi a combattere le «criminali accuse del Congresso» e affermando che i democratici «questa volta hanno preso la persona sbagliata», e che «stiamo andando all’attacco».

Alla domanda della giornalista di Vice sulla possibilità di smettere di fare The War Room, il suo podcast radiofonico, ha risposto che prevede di continuarlo «al 100%». «Non lo chiuderanno mai».

L’epilogo provvisorio della sua prima apparizione in corte è che l’ideologo della destra suprematista non sarà detenuto prima del processo per oltraggio al Congresso. E la sua provocazione potrebbe innescare una lunga battaglia legale, capace di impantanare l’indagine della commissione alla Camera sull’assalto a Capitol Hill. Il Comitato infatti sta considerando cosa fare nel caso in cui anche l’ex capo di stato maggiore della Casa bianca di Trump, Mark Meadows, dovesse, come Bannon, sfidare il Congresso rifiutandosi di collaborare.

Bannon fuori dal tribunale è stato inoltre coerente con quanto aveva detto nel 2018, durante l’intervista-confessione con lo scrittore Michael Lewis in cui, parlando del rapporto con i media, aveva detto: «I democratici non contano. La vera opposizione sono i media. E il modo per affrontarli è inondare la zona di merda».

Questo è il suo modello di comunicazione politica: non si tratta di persuasione, ma di disorientamento, e l’attenzione mediatica dei prossimi mesi sarà il setting migliore per provarlo.