Molti ricorderanno la mostra personale Soft Work che l’artista americano Sterling Ruby (1972) inaugurò al Macro di Roma il 22 maggio 2013, due giorni prima dall’apertura di un’altra sua mostra personale nella Capitale, presso la Fondazione Memmo – Arte Contemporanea, dove presentò oltre settanta opere esemplificative della sua produzione.
A otto anni di distanza, Ruby ha messo in ideale collegamento altri due importanti spazi espositivi di Roma: Gagosian Gallery e la Galleria Doria Pamphilj. Da Gagosian, fino al 5 febbraio, si tiene la sua mostra personale Future Present che corrisponde a una sorta di monito affinché l’umanità, attraverso le proprie azioni nel presente, garantisca a se stessa il proprio futuro. La serie di sculture Drop, qui esposta, raffigura sei grandi gocce monocrome, identiche nella forma ma diverse nel colore, poste su piedistalli come se fossero statue antiche.

LE LORO SUPERFICI sono lucide, lisce, intonse, mentre i piedistalli in formica su cui sono collocate sono opachi, graffiati, sembrano usurati dal tempo, proprio come lo sono le rovine antiche. Presentano infatti graffiti nei quali si intravedono le iniziali del nome dell’elemento a cui il colore di ogni scultura fa riferimento: sangue, urina, petrolio, acqua, «total carbon» e «greenpeace». Questi elementi rinviano alla sconfinata quantità di ambiti – da quello corporeo a quello chimico – aggrediti o promotori del declino ambientale, dei quali le sei grandi gocce diventano monumenti-tributo. Al contempo, le sei sculture sembrano evocare il pianto disperato del nostro pianeta che ci chiede di salvarlo e di salvarci dal futuro collasso ecologico.
In mostra sono altresì esposte opere su carta che fanno parte della serie Drftrs (2013-) (abbreviazione di «drifter»): raffigurano arcobaleni interrotti da immagini di ossa tratte da riviste archeologiche. Forse è proprio in questi lavori su carta che il monito dell’artista sul nostro futuro si esprime nel modo più perentorio: potremmo infatti interpretare l’arcobaleno come il simbolo di rinascita e le ossa come il simbolo delle numerose civiltà estinte nella storia alle quali a breve potrebbe aggiungersi la nostra se continuiamo a recidere ogni possibilità di rinascita perpetrando a inquinare ambientale. Pur ispirandosi in parte all’archeologia – nello specifico alle rovine dell’antica Roma – la mostra in realtà riflette su tutto ciò che in futuro potremmo perdere se non lo preserviamo nel presente.

SE DA GAGOSIAN il focus è perciò il rapporto tra il futuro e il presente in relazione al collasso ambientale, è invece il rapporto tra il passato e il presente a divenire centrale nello special project di Ruby alla Galleria Doria Pamphilj, inauguratosi il medesimo giorno della mostra da Gagosian e conclusosi il 19 dicembre.
L’artista è intervenuto in questo storico contesto, sede di gran parte dei capolavori della collezione privata della famiglia Doria Pamphilj, scegliendo di collocare due sue opere nella Toletta di Venere.

SULL’AREA DI PARETE incorniciata da uno stipite dorato e decorato ha collocato il nuovo dipinto Widw. Crash Culture (2021) della serie Widw (2016–, abbreviazione di «window») nella quale il concetto di tempo è intrinseco: Ruby riflette infatti sul suo intenso rapporto con i materiali e la loro storia, setacciando quelli carichi di memoria accumulati nel suo studio, e combinandoli con densi strati di pittura. Nella stessa sala, un alto piedistallo è stato posto a sorreggere la scultura in ceramica Bonnet (7483) (2020) che, con il suo colore brillante e la sua forma simile a una decorazione barocca, può essere considerata un simbolo della ricerca dell’artista da sempre volta a intessere un dialogo tra tempi e materiali differenti.