Una volta qualcuno disse che Stefano Chiarini era forse la reincarnazione di un vecchio saggio ebreo. Sapete, uno di quegli incredibili personaggi della cultura ebraica, sagaci, ironici, capaci di deformare il reale con il loro umorismo, eppure consapevoli della realtà e delle sue angustie. Stefano rideva molto di quella battuta, se ne compiaceva. Forse la fece proprio lui. Ricamavamo sopra anche i particolari e la storiella aveva un suo fondamento perché uno dei tratti umani più spiccati di Stefano era la sua intensa e perforante ironia. Era capace di grandi astrazioni, pur conoscendo molto bene la realtà di cui si occupava come giornalista e militante. Era sempre informato. Non lo si trovava certo a corto di argomenti – lo sanno bene i compagni de il manifesto, che si trovavano spesso a questionare con lui su vicende grandi o piccole. Non arrivò ad amare il Medioriente per caso ma partendo dall’Irlanda del Nord, di cui si era occupato a lungo agli inizi della sua militanza, nei primi anni ’70. Quelle sei contee erano state create artificialmente, per partizione, perché serviva un’area nella quale i protestanti unionisti, in minoranza, fossero maggioranza. Proprio come era accaduto nel ‘48 in Palestina, terra dove avrebbero potuto vivere in pace ebrei, musulmani, cristiani e fedeli di ogni altro dio, e dove invece è nato a tavolino uno Stato di impronta teocratica. Perché il sionismo servì a questo, non fu certo un movimento politico che rivendicava i diritti nazionali di un popolo – anche se in questa veste mistificata si impose.

chiarini

 

Stefano Chiarini amava il Medioriente e la sua gente, non sopportava la dominazione di quei popoli né l’atteggiamento caritatevole di certa solidarietà. Proprio lui che perse la partita con la vita, vinse una sfida importante: quella di impedire che le parole Sabra e Shatila fossero dimenticate. Si può dire oggi che quelle parole, al contrario, hanno un potere evocativo, ci ricordano le sofferenze e le ingiustizie subite da un popolo. Stefano Chiarini ci lascia questo in eredità, oltre ad importanti lavori editoriali, i suoi reportage e le sue analisi, la sua rete di contatti che vive nel Comitato «Per non dimenticare Sabra e Chatila», animato dopo di lui dal lavoro di Maurizio Musolino, un’altra vita spezzata troppo presto, alla quale renderemo omaggio a Modena il 4 febbraio, in occasione della consegna a Pier Giorgio Odifreddi dell’8° Premio Internazionale Stefano Chiarini. Ci lascia molto, dunque, compresa l’angoscia di un interrogativo al quale noi umani non abbiamo risposta e cioè di come sia possibile che si spezzino vite così piene di vita, come erano quelle di Stefano e Maurizio.